2011-12-29 14:03:18

2011, l’anno delle proteste. La riflessione del sociologo Luca Diotallevi


“Primavera araba”, Occupy Wall Street, Indignados: il 2011 è stato un anno contrassegnato dalle proteste. Da Madrid a New York, dalle capitali arabe a Mosca, le contestazioni hanno preso di mira ora regimi politici ora la crisi economica. La rivista “Time” ha nominato proprio “The Protester”, il contestatore, “personaggio dell’anno”. Su questo fenomeno globale che ha caratterizzato l’anno che si va chiudendo, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del sociologo Luca Diotallevi:RealAudioMP3

R. – Questa onda di contestazione, che attraversa tante società molto diverse, come gli Stati Uniti o il Medio Oriente, ci dice tre cose. Una positiva è che la gente ha ancora “pancia”, e questo è importante perché la pancia – la capacità di indignarsi, di reagire – è una grande alternativa al cinismo. Purtroppo, però, ci dice anche che la gente ha poca intelligenza, cioè protesta, ma non sa come costruire un’alternativa. Infine, che la gente ha poca disciplina, perché una volta capito quello che bisogna fare, occorre fare sacrifici, organizzarsi, essere generosi, perché i cambiamenti si fanno solo insieme.

D. – Questa è stata proprio la difficoltà nei Paesi arabi…

R. – Questo è il punto: se i rivoluzionari non diventano alla svelta riformisti, i contro-rivoluzionari fatalmente avranno la meglio.

D. – I giovani sono stati i grandi protagonisti dei movimenti di quest’anno. Alla loro voglia di cambiamento è dedicata anche una parte importante del messaggio del Papa per la Giornata della pace…

R. – Questo non è un Papa che blandisce un giovane, è un Papa che lo sfida. Altrimenti, non metterebbe al centro della sua attenzione l’educazione. Quindi, il Papa sta dicendo ai giovani: crescete alla svelta, non rimanete preda delle emozioni interiori o esteriori, ma assumete nelle vostre mani il vostro futuro. Lui ne riconosce la dignità e li sfida a diventare velocemente adulti, come le grandi generazioni di giovani – pensiamo a quelle subito dopo la Prima Guerra Mondiale e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale – che hanno abbattuto la tirannia e hanno costruito la democrazia.

D. – I social network sono stati lo strumento che ha favorito questi movimenti. Del resto, la tecnologia ha in un qualche modo aiutato anche altri moti…

R. – Non c’è cambiamento senza tecnologia, perché è grazie alla velocità e alla qualità della comunicazione che gli uomini riescono a trovarsi insieme. Naturalmente, si può anche abusare della tecnologia, ma noi sappiamo che ad ogni cambio tecnologico – pensiamo al ‘500 e all’invenzione della stampa pochi decenni prima – segue una rivoluzione. I mezzi di comunicazione non vanno assolutamente mitizzati: non bisogna pensare che essi abbiano già in sé la risposta, ma sono una condizione straordinaria per produrre cambiamento. (ap)







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