Nigeria: Anche leader musulmani condannano gli attentati in Nigeria
Preoccupazioni delle cancellerie internazionali per una possibile escalation delle
violenze Leader musulmani condannano gli attentati in Nigeria (L'Osservatore
Romano)
Anche esponenti di spicco della comunità musulmana nigeriana condannano
con forza gli attentati contro i cristiani avvenuti a Natale. Al termine, ieri, di
un incontro con il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, il sultano di Sokoto,
Muhammad Saád Abubakar, guida spirituale dei musulmani del Paese africano e presidente
del consiglio supremo della Nigeria per gli Affari islamici, ha affermato che «non
esiste nessun conflitto tra islam e cristianesimo, ma solo tra persone malvagie che
attaccano persone buone». Ma queste ultime — ha proseguito l’autorità religiosa di
riferimento per tutti i musulmani nigeriani — «sono la maggioranza e devono unirsi
per sconfiggere i cattivi». Al termine dei colloqui, Jonathan non ha rilasciato dichiarazioni,
ma il suo consigliere per la Sicurezza nazionale ha chiesto ai cristiani di non reagire
agli attentati. In precedenza, la Jamàatu Nasril Islam (Jni), la principale organizzazione
islamica, si era anch’essa dissociata dagli attentati, sottolineando che «l’islam
è contro ogni tipo di violenza, anche come risposta agli attacchi cui sono spesso
vittime i propri fedeli» e che gli attentati di Natale «sono un attacco ai principi
e agli insegnamenti del Corano». Per l’Associazione dei cristiani della Nigeria
(Can), invece, «la situazione nel Paese è sempre più delicata e potrebbe degenerare».
Un rischio — rilevano gli analisti — che allarma anche i politici nigeriani e le cancellerie
internazionali, preoccupate che un’escalation delle violenze possa infiammare ulteriormente
gli animi e accrescere le divisioni nel Paese, oltre a destabilizzare il Paese più
popoloso dell’Africa con circa 160 milioni di abitanti e un peso massimo nello scacchiere
geopolitico dell’area sub-sahariana. Non è un caso che gli Stati Uniti, primo partner
commerciale del Governo di Abuja, abbiano ribadito in queste ore le offerte di aiuto
per affrontare uno dei momenti più critici da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza
(1950). A gestire questa delicata fase è stato chiamato — e per molti osservatori
internazionali non si tratta di una coincidenza — il primo presidente cattolico della
Nigeria, il meridionale Goodluck Jonathan, originario dello Stato confederato di Bayelsa,
nella regione del Delta del Niger, quella più ricca di petrolio, di cui la Nigeria
è il primo produttore dell’Africa. Intanto a Madalla, vicino alla capitale Abuja,
la città maggiormente colpita dagli attentati di Natale e dei giorni della vigilia
(110 morti in totale), la situazione stenta a tornare alla normalità. Gli abitanti
sono tornati alle loro occupazioni (piccoli commerci, lavoro nei campi, donne che
fanno il bucato, bimbi che sbarcano il lunario), ma in un contesto molto difficile.
La strada principale, dove sorgeva la chiesa di Santa Teresa — distrutta da una bomba
che ha ucciso almeno trentacinque persone — è bloccata e il traffico viene dirottato. La
zona è presidiata da centinaia di soldati e poliziotti in assetto da guerra con giubbotti
antiproiettili. Tutto questo mentre circa centomila persone sono fuggite dalla città
di Damaturu, nel nord est, dopo i sanguinosi scontri tra estremisti islamici e forze
di sicurezza e gli attentati ai cristiani. Le violenze scoppiate a Damaturu nei giorni
scorsi avrebbero provocato un centinaio di morti, secondo diverse fonti giornalistiche
riprese dall’Ansa.