Perù: nel messaggio natalizio dei vescovi la difesa dei diritti dei nascituri
Festeggiare il Natale significa «celebrare la vita». Non si può volgere lo sguardo
adorante al Bambino senza anche «riflettere sulla necessità di proteggere» il diritto
alla vita umana, il primo e principale diritto da cui tutti gli altri discendono.
È quanto ribadiscono i vescovi peruviani in un messaggio diffuso in occasione delle
festività natalizie. In tempi in cui — scrivono i presuli — «la società favorisce
l’immediato, il tangibile, il materiale», il Natale invita a guardare a Betlemme,
a Gesù. Un avvenimento che esprime «l’amore infinito di Dio per l’uomo». È Dio che
«prende la nostra natura umana». In questo senso - riporta L'Osservatore Romano -
il Natale «è la più umana delle feste delle fede» perché «ci fa comprendere in maniera
più profonda l’umanità di Dio». Si tratta, infatti, di un «Dio con noi», di un Dio
«che ci viene incontro come un bambino» e che contemporaneamente «segna la storia
dell’umanità». Per questo, il Natale è anche «un tempo per celebrare la vita e guardare
ai più deboli e indifesi». Non bisogna, infatti, «mai dimenticare che un bambino è
il frutto della vita, è il frutto dell’albero della vita». I presuli — nel messaggio
firmato dal presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Trujillo, Hector Miguel Cabrejos
Vidarte, e dal segretario generale, il vescovo di Carabayllo, Lino Mario Panizza Richero
— ricordano che «la vita è il primo di tutti i diritti e pertanto dovrebbe essere
di sopra di qualsiasi altro valore sociale, economico, psicologico, emotivo, di salute
e famigliare». Un diritto sancito anche nella Costituzione peruviana, laddove all’articolo
1 — viene ricordato — si afferma che «la vita umana è il bene supremo della società
e dello Stato, e lo Stato ha l’obbligo di proteggerlo». Ed è questo il motivo — in
Perú l’aborto è vietato, ma è forte il dibattito per una sua legalizzazione — «per
cui lo Stato ha la responsabilità di proteggere la vita dal momento del concepimento
fino alla morte naturale». In questo senso, affermano ancora i presuli, ogni fase
della vita — embrione, feto, bambino o adulto — è come l’anello di una «catena che
ci unisce» e in cui appare «l’immagine di Dio che è la vita e dà vita». Perciò, «una
società che non assicura la vita del nascituro è una società che vive come una tragedia
la sua missione fondamentale». (I.P.)