Padre Cantalamessa: nel mondo secolarizzato i laici cristiani arrivano col Vangelo
dove non riescono i preti
Non si può prescindere oggi dai laici cristiani, dalle famiglie soprattutto, nell’azione
evangelizzatrice della Chiesa. Lo ha affermato padre Raniero Cantalamessa, che ha
concluso questa mattina in Vaticano il ciclo delle prediche di Avvento tenute al Papa
e alla Curia Romana. Nella quarta meditazione, il predicatore pontificio ha riconosciuto
ai fedeli laici un ruolo spesso più “decisivo” del clero nel diffondere il Vangelo
in contesti secolarizzati. Il servizio di Alessandro De Carolis:
È il “quarto
mondo” quello a cui padre Cantalamessa dedica l’ultima riflessione: il quarto mondo
secondo la sua ricostruzione delle “ondate evangelizzatrici” che hanno caratterizzato
i duemila anni di storia della Chiesa. Dopo i vescovi protagonisti dell’annuncio di
Cristo nel mondo greco-romano, i monaci in quello barbarico, i frati nel Nuovo mondo
americano, padre Cantalamessa si è soffermato sui fedeli laici e la loro capacità
di incidere nel mondo secolarizzato “post-cristiano”. Certo, ha riconosciuto il predicatore
pontificio, non ci si può presentare a un uomo che ha “smarrito ogni contatto con
la Chiesa e non sa più chi è Gesù” e imporgli venti secoli di dottrina e tradizione.
E inoltre, se “non si può cambiare l’essenziale dell’annuncio”, si “può e deve cambiare
il modo di presentarlo”, compiendo uno sforzo di “creatività”:
“Abbiamo
un alleato in questo sforzo: il fallimento di tutti i tentativi fatti dal mondo secolarizzato
per sostituire il kerygma cristiano con altri ‘gridi’ e altri
‘manifesti’. Io porto spesso l’esempio del celebre dipinto del pittore norvegese Edvard
Munch, intitolato ‘L’urlo’ (…) È un grido di angoscia, un grido vuoto, senza
parole, solo suono. Mi sembra la descrizione più efficace della situazione dell’uomo
moderno che, avendo dimenticato il grido pieno di contenuto che è il kerygma,
si ritrova a dovere urlare a vuoto la propria angoscia esistenziale”.
Con
il Vangelo, invece, è possibile sempre ripartire da un annuncio autentico, vitale,
che non è, ha osservato padre Cantalamessa, né “finzione mentale”, né una “operazione
di archeologia”, grazie alla “reale” contemporaneità di Cristo che vive tra gli uomini
oggi, come duemila anni fa, grazie all’Eucaristia. Dunque, accanto ai ministri dell’Ostia,
il Vaticano II ha fatto riscoprire il protagonismo dei laici nell’evangelizzazione.
Questi ultimi, e soprattutto le famiglie, posseggono – ha detto il religioso – una
potenzialità simile al processo di fissione dell’atomo, che rende li rende sul piano
spirituale “una specie di energia nucleare della Chiesa”:
“Essi non
più sono semplici collaboratori chiamati a dare il loro contributo professionale,
il loro tempo e le loro risorse; sono portatori di carismi, con i quali, dice la
Lumen gentium, ‘sono resi adatti e pronti ad assumersi opere
e uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa’”.
I
laici, ha ripetuto padre Cantalamessa, sono quelli che possono andare alla ricerca
dei lontani molto più dei pastori per i quali è più facile “nutrire con la parola
e i Sacramenti quelli che vengono in Chiesa:
“La parabola della pecorella
smarrita si presenta oggi rovesciata: novantanove pecore si sono allontanate e una
è rimasta all’ovile. Il pericolo è di passare tutto il tempo a nutrire quell’unica
rimasta e non avere tempo, anche per la scarsità del clero, di andare alla ricerca
delle smarrite. In questo l’apporto dei laici si rivela provvidenziale. di Dio per
i nostri tempi La realizzazione più avanzata in questo senso sono i movimenti ecclesiali.
Il loro contributo specifico all’evangelizzazione è di offrire agli adulti un’occasione
per riscoprire il loro battesimo e diventare membri attivi e impegnati della Chiesa”.
E
un’arma per farsi largo nel mondo dell’eclissi di Dio, dominato da scientismo e razionalismo
– ha proseguito il predicatore pontificio, riecheggiando le parole di ieri del Papa
– è l’arma della “gioia”:
“La testimonianza più credibile che tutti,
venerabili padri e fratelli, clero e laici, giovani e anziani, possiamo dare al Vangelo
è la gioia. Mostrare che Cristo è stato capace di riempire di gioia e di pace le nostra
vita. La parola evangelizzare fa la sua comparsa, nella Scrittura, nella notte di
Natale; il suo contenuto è la gioia: ‘Vi annuncio una grande gioia’, ‘Evangelizo vobis
gaudium magnum’, disse l’angelo ai pastori. E questo è un linguaggio che tutti capiscono”.
L’ultimo spunto, padre Cantalamessa lo ha riservato al Natale, con
una domanda che scava nella coscienza e che già molti secoli fa Origene, Sant’Agostino,
San Bernardo si erano posti:
“Che giova a me che Cristo sia nato una
volta a Betlemme da Maria, se non nasce di nuovo per fede nel mio cuore?”.