Disordini in Congo: Kabila e Tshisekedi si autoproclamano presidenti
Nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), la polizia ha disperso con la forza
manifestanti che tentavano di riunirsi rispondendo al richiamo del leader dell'opposizione,
Etienne Tshisekedi. Quest'ultimo intende oggi prestare giuramento come “presidente
eletto” malgrado il presidente uscente, Joseph Kabila, sia stato proclamato ufficialmente
vincitore delle elezioni presidenziali a turno unico dello scorso 28 novembre, che
gli osservatori internazionali hanno giudicato compromesse da irregolarità diffuse.
I sostenitori di Tshisekedi, 79 anni, proclamatosi vincitore dopo aver respinto i
risultati dello scrutinio, intendevano riunirsi in massa sotto casa del loro leader
e allo Stadio dei Martiri di Kinshasa, che contiene 80 mila posti. La polizia ha usato
i lacrimogeni e ha compiuto diversi arresti fra i manifestanti. Sulla difficile situazione,
Eugenio Bonanata ha intervistato Giusy Baioni, giornalista dell’associazione
“Beati i costruttori di Pace”:
R. – La notizia
dei morti, purtroppo, non stupisce perché c’erano state tensioni, scontri... questo
lo sappiamo già dal giorno stesso delle elezioni e poi anche nei giorni a seguire.
Il timore è che, invece, nelle prossime ore e nei prossimi giorni la situazione precipiti
con lo sfidante Tshisekedi che si è già autoproclamato presidente e che ha intenzione
di insediarsi ufficialmente.
D. – Carri armati presidiano la capitale
Kinshasa da diversi giorni e si teme anche la reazione della guardia presidenziale...
R.
– Esatto. Quindi, da una parte c’è Kabila con la sua guardia presidenziale, i soldati
e l’esercito, e dall’altra parte Tshisekedi che nella capitale ha molti sostenitori:
Kabila non è per niente ben visto e non ha preso molti voti. Il mio timore è proprio
quello che si arrivi a degli scontri armati anche piuttosto forti: se Tshisekedi si
insedia come presidente, con la gente che lo sostiene, sicuramente a quel punto la
guardia presidenziale interverrà.
D. – Si profila uno scenario simile
a quello della Costa d’Avorio dello scorso anno?
R. – Purtroppo il timore
lo si ventilava già da mesi: il rischio, cioè, di cadere in una situazione simile
a quella della Costa d’Avorio, con lo scontro tra due presidenti che si proclamano
eletti e che non riconoscono il risultato che l’altro vorrebbe. Il rischio è quindi
di scontri, di mesi di scontri, con esiti del tutto incerti e sicuramente con la prima
vittima che è la popolazione.
D. – A rischiare, appunto, come sempre,
è la popolazione civile che è molto esposta in questa situazione...
R.
– Sì è molto esposta e si trova tra due fuochi. C’è da dire che Kabila gode di un
esercito, di una guardia presidenziale agguerrita e che non va certo per il sottile,
mentre Tshisekedi, da parte sua, ha il sostegno di circa la metà del Paese, ma non
ha un esercito... Il rischio è quindi di una lotta impari.
D. – Chi
è nelle condizioni di intervenire per evitare il peggio? R. – A questo punto,
francamente, non saprei. Kabila si è insediato ufficialmente martedì e, tra l’altro,
al suo insediamento – e questo ce la dice lunga – erano presenti il presidente dello
Zimbabwe Mugabe, il presidente ugandese Museweni: tutta gente che non gode di buona
fama. Sono sempre di più i Paesi, anche occidentali, che prendono le distanze dai
risultati ufficiali del voto: anche la Clinton e la Francia si sono un po’ dissociate
e chiedono che vengano ri-analizzati i risultati del voto. Come si possa intervenire
diventa molto complicato: ricordiamo, comunque, che sul posto c’è la Monusco, la forza
militare delle Nazioni Unite, ma non so quanto il mandato consenta di intervenire.
(mg)