2011-12-22 15:27:11

Congo: i missionari temono un'escalation di violenza dopo il voto contestato delle presidenziali


Timore dei missionari congolesi per la possibile espansione delle violenze in tutto il Paese dopo le contestate elezioni presidenziali, vinte ufficialmente dal capo di Stato uscente Kabila. I religiosi aderenti alla “rete Pace per il Congo” hanno lanciato un appello in questo senso attraverso l’agenzia Fides. Lo hanno fatto in vista della cerimonia di insediamento annunciata per domani allo Stadio dei Martiri di Kinshasa dal candidato sconfitto, Tshisekedi, il quale non riconosce l’esito della tornata. Oggi, intanto, "Human Rights Watch" ha denunciato l’uccisione di almeno 24 civili nelle ultime settimane. Sulla difficile situazione, Eugenio Bonanata ha intervistato Giusy Baioni, giornalista dell’associazione “Beati i costruttori di Pace”:RealAudioMP3

R. – La notizia dei morti, purtroppo, non stupisce perché c’erano state tensioni, scontri... questo lo sappiamo già dal giorno stesso delle elezioni e poi anche nei giorni a seguire. Il timore è che, invece, nelle prossime ore e nei prossimi giorni la situazione precipiti con lo sfidante Tshisekedi che si è già autoproclamato presidente e che ha intenzione di insediarsi ufficialmente.

D. – Carri armati presidiano la capitale Kinshasa da diversi giorni e si teme anche la reazione della guardia presidenziale...

R. – Esatto. Quindi, da una parte c’è Kabila con la sua guardia presidenziale, i soldati e l’esercito, e dall’altra parte Tshisekedi che nella capitale ha molti sostenitori: Kabila non è per niente ben visto e non ha preso molti voti. Il mio timore è proprio quello che si arrivi a degli scontri armati anche piuttosto forti: se Tshisekedi si insedia come presidente, con la gente che lo sostiene, sicuramente a quel punto la guardia presidenziale interverrà.

D. – Si profila uno scenario simile a quello della Costa d’Avorio dello scorso anno?

R. – Purtroppo il timore lo si ventilava già da mesi: il rischio, cioè, di cadere in una situazione simile a quella della Costa d’Avorio, con lo scontro tra due presidenti che si proclamano eletti e che non riconoscono il risultato che l’altro vorrebbe. Il rischio è quindi di scontri, di mesi di scontri, con esiti del tutto incerti e sicuramente con la prima vittima che è la popolazione.

D. – A rischiare, appunto, come sempre, è la popolazione civile che è molto esposta in questa situazione...

R. – Sì è molto esposta e si trova tra due fuochi. C’è da dire che Kabila gode di un esercito, di una guardia presidenziale agguerrita e che non va certo per il sottile, mentre Tshisekedi, da parte sua, ha il sostegno di circa la metà del Paese, ma non ha un esercito... Il rischio è quindi di una lotta impari.

D. – Chi è nelle condizioni di intervenire per evitare il peggio?

R. – A questo punto, francamente, non saprei. Kabila si è insediato ufficialmente martedì e, tra l’altro, al suo insediamento – e questo ce la dice lunga – erano presenti il presidente dello Zimbabwe Mugabe, il presidente ugandese Museweni: tutta gente che non gode di buona fama. Sono sempre di più i Paesi, anche occidentali, che prendono le distanze dai risultati ufficiali del voto: anche la Clinton e la Francia si sono un po’ dissociate e chiedono che vengano ri-analizzati i risultati del voto. Come si possa intervenire diventa molto complicato: ricordiamo, comunque, che sul posto c’è la Monusco, la forza militare delle Nazioni Unite, ma non so quanto il mandato consenta di intervenire. (mg)







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