Pubblicato un libro sul significato cristiano dell'albero di Natale
“Perché facciamo l’albero di Natale?”: è la domanda e il titolo dell’ultimo libro
di Mariolina e Carlo Coghe. Un testo di 79 pagine ricco di illustrazioni, pensato
come una vera e propria catechesi per i più piccoli e non solo. Il lavoro, attraverso
un testo agile e decine di codici miniati, traccia la storia dell’albero: dall’uomo
della pietra fino al significato simbolico di Gesù. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento dello stesso Carlo Coghe, curatore della parte iconografica
dell’opera:
R. - Abbiamo
voluto unire poco testo essenziale con immagini e con didascalie che aiutino a capire
l’immagine, per poter entrare nel mistero del Natale, nel mistero dell’albero: l’albero
che – poi abbiamo spiegato – è Cristo, il Giusto.
D. – L’albero di Natale,
nel sentire comune, è qualcosa che viene visto come distante, distaccato dalla fede,
quasi pagano, di tradizione nordica. In realtà, l’albero è molto di più ...
R.
– In questo ci ha aiutato tantissimo il Beato Giovanni Paolo II, quando nel 1982
mise in Piazza San Pietro un albero di Natale bellissimo. Fece anche una predicazione
sul significato di quest’albero, ed ha continuato in questo insegnamento anche Benedetto
XVI. Andando a fondo nella Scrittura, troviamo che l’albero è simbolo del Giusto,
è simbolo di Cristo, la Croce di Cristo che è diventata il segno della nostra salvezza,
l’emblema dal quale l’uomo, il cristiano è stato salvato. Inoltre, abbiamo una radice
nelle nostri origini ebraiche: la "Menorah", infatti, è un albero che riceve l’olio
da due olivi. E’ uno spunto, quello di partire dall’albero per arrivare a Cristo,
affinché non rimanga esclusivamente un simbolo sotto al quale si mettono i regali,
ma andare oltre.
D. – Un testo di 79 pagine, quello sull’albero di
natale, scritto con un linguaggio accessibile ma ricco di contenuti anche dal punto
di vista iconografico, che riporta all’interno un grande lavoro di ricerca e di studio,
e nel quale si trovano dei codici miniati risalenti fino all’VIII secolo ...
R.
– Il codice dell’XVIII secolo ci fa vedere una città che è Gerusalemme, la Gerusalemme
Celeste, sulla quale domina l’agnello sgozzato, simbolo di Cristo. Da questo agnello
parte un albero con tre ramificazioni, e i frutti di quest’albero sono frutti d’uva,
anche se di per sé quest’albero non è una vite. Questo per illustrarci che, se ci
si radica in Cristo, quest’albero porta frutti e - come dice la Parola - porta frutti
in ogni stagione. E poi alla sua sinistra ci sono i re della terra che vengono a portare
i doni a Cristo, e San Giovanni, il testimone fedele che ha predicato, che ha annunciato
Cristo.
D. – Cosa sono i codici miniati?
R. – I codici
miniati sono nati nel Settecento e utilizzati fino al 1600, quando ancora non esisteva
la stampa e con essa la duplicazione delle opere. I principi, i re che avevano soldi,
chiamavano gli amanuensi e si facevano scrivere la Bibbia o i Salteri o i Libri delle
preghiere. E questi erano, secondo me, dei frati con una grandissima fede che davano
una lettura, un’interpretazione del contenuto catechetico delle Letture. Così, nei
capolettera c’è già una lettura, un’interpretazione di quello che è contenuto nel
testo. Ed è la “Bibbia pauperum”: quando nel Medioevo il popolo non conosceva il latino,
andava nelle cattedrali dove c’erano le vetrate, dove c’erano i bassorilievi, dove
c’erano queste grandi Bibbie esposte e capiva le immagini e, attraverso le immagini,
gli amanuensi facevano la catechesi al popolo. Ci sono anche dei codici su due strati,
su due fasce: la fascia superiore riporta le immagini del Nuovo Testamento e la fascia
sottostante raffigura il Vecchio Testamento. Per esempio, viene raffigurata in basso
Eva e in alto Maria, in basso Isacco – simbolo del sacrificio – e in alto Cristo.
Questo ci fa dimostra che c’era una profonda conoscenza della Scrittura, e c’era anche
la voglia di disegnarla, di immaginarla per trasmetterla al popolo. (bi)