Non solo Asia Bibi: la denuncia di Paul Bhatti sui tanti cristiani pakistani detenuti
ingiustamente
In Pakistan, sono sempre più gravi le condizioni psico-fisiche di Asia Bibi, la donna
cristiana condannata a morte per blasfemia, in carcere dal 9 giugno del 2010. Una
situazione drammatica che, purtroppo, riguarda tanti altri cristiani pakistani dimenticati.
E’ quanto denuncia Paul Bhatti, consigliere speciale del premier per l’Armonia
nazionale, raggiunto telefonicamente in Pakistan da Alessandro Gisotti:
R. – Per
quanto riguarda il caso di Asia Bibi è una faccenda che stiamo seguendo da quando
sono ministro. Devo dire che, l’altro giorno, sono andato in prigione per vedere anche
altri detenuti: sono tantissimi nella sua stessa situazione, se non peggio! Chiaramente
la nostra lotta e il nostro impegno sono diretti ad aiutare questa gente. Ci sono,
però, alcune situazioni che non vanno viste con gli occhi del mondo occidentale, ma
bisogna vederle nella realtà pakistana: abbiamo avviato le nostre indagini e le nostre
richieste di seguirli dal punto di vista sia psicologico che medico. Questo ci è stato
garantito che lo faranno.
D. – Cosa si sta facendo per aiutare le tante
persone, anche dimenticate?
R. – Abbiamo formato un’associazione di
avvocati disponibili a lavorare in maniera gratuita per tutti i cristiani o le persone
appartenenti ad altre minoranze che hanno subito qualche ingiustizia o che non riescono
a portare avanti la loro causa, perché non hanno un avvocato, non hanno i soldi...
Sono poi presidente dell’Alleanza di tutte le minoranze del Pakistan, che ha rappresentanti
in tutte le quattro province del Paese, che operano sia a livello provinciale, sia
nelle piccole città e nei piccoli villaggi. Queste persone sono attive: quindi qualsiasi
cosa succeda, uno dei nostri rappresentanti va lì, segue la faccenda e poi noi – a
livello centrale – facciamo quello che è possibile fare. Abbiamo creato anche una
fondazione a nome di mio fratello, Shahbaz Bhatti, attraverso la quale stiamo portando
avanti una campagna per migliorare l’educazione… Certo, ci vuole un po’ di tempo.
D.
– Chiaramente è un impegno a lungo termine, ma c’è qualche segnale di miglioramento,
di possibile cambiamento?
R. – Certo, certo che ci sono segnali di miglioramento.
Sicuramente c’è la speranza, perché la gente ha visto che ci sono delle persone che
vogliono collaborare, che vogliono provare a cambiare le cose e quindi sicuramente
collaboreranno.
D. – Cosa si sente di dire a chi ascolta, ai cristiani
che sono così lontani da queste sofferenze dei loro fratelli in Pakistan?
R.
– Direi che abbiamo bisogno delle loro preghiere, abbiamo bisogno di aiuti concreti
e di solidarietà: non è soltanto manifestando attraverso i giornali la solidarietà
nei diversi Paesi, manifestando solo verbalmente… Qui abbiamo tre problemi prioritari
da affrontare: l’analfabetismo, la povertà e la intolleranza religiosa. Abbiamo bisogno
di aiuti concreti che ci permettano di fare qualcosa, affinché queste persone possano
studiare di più, possano trovare lavoro, possano trovare un orientamento per tutto
quello che stiamo facendo per avere una maggiore tolleranza religiosa. Secondo me,
dovrebbe esserci un contributo concreto, magari parlando con noi, condividendo, pregando
insieme. Abbiamo bisogno anche di offerte, abbiamo bisogno di un aiuto concreto! (mg)