2011-12-18 16:13:08

Repubblica Democratica del Congo: dopo l'esito delle presidenziali, l'opposizione annuncia proteste


Attenzione puntata sulla Repubblica Democratica del Congo. In settimana sono in programma manifestazioni di protesta contro i risultati delle presidenziali che hanno decretato la vittoria del Capo di stato uscente Kabila. Ad annunciarlo, dopo la conferma dell’esito nonostante le denunce di brogli, il partito del candidato sconfitto, Tshisekedi. Eugenio Bonanata ha intervistato Raffaello Zordan, esperto di Africa della rivista Nigrizia:RealAudioMP3

R. – E’ chiaro che l’unico candidato piuttosto credibile verso il presidente uscente Joseph Kabila, cioè Etienne Tshisekedi non accetta il risultato del voto perché ha anche la conferma da parte di osservatori internazionali, da parte - non dimentichiamo - di trentamila osservatori che la chiesa cattolica ha sguinzagliato in giro per il Paese, che ci sono stati brogli, che ci sono state manchevolezze, che insomma è un voto piuttosto claudicante. Questo vuol dire che la situazione lì è molto difficile.

D. - Il timore principale è che queste manifestazioni possano sfociare in violenza?

R. - Sì, il rischio c’è il Paese è sempre sull’orlo di una crisi di nervi per usare una frase leggera. Non dimentichiamo nemmeno che a Kinshasa la capitale del Congo sicuramente i partigiani di Tshisekedi sono più numerosi di quelli di Kabila che è forte invece nel nordest del Paese. Il rischio di scontri, di ulteriori violenze, c’è perché poi siamo di fronte a una realtà di disoccupazione, di tirare avanti con un dollaro al giorno, di infrastrutture che continuano a non esserci. Io mi auguro che Kabila si renda conto che riportare le cose allo scontro frontale non giova prima di tutto a lui e quindi lasci che le manifestazioni si esprimano in maniera libera, in maniera indipendente. Naturalmente, gli stessi manifestanti devono evitare di arrivare allo scontro assaltando il commissariato o quant’altro.

D. – Oltre a manifestare cos’altro può fare Tshisekedi visto che alla fine le autorità locali hanno validato il voto?

R. – Naturalmente, qui la scelta che ci si trova a fare all’opposizione, in particolare Tshisekedi, è quella di prepararsi ad altri 5 anni di trincea per vedere come fare. Teniamo conto però che è vero che il presidente conta tanto in una repubblica presidenziale come la repubblica democratica del Congo, però abbiamo un parlamento, che comunque ha una sua forza, dove però Kabila non ha la maggioranza. Quindi deve trovare accordi con altre forze minori per riuscire a far approvare dal parlamento le decisioni che prende e via discorrendo. Tshisekedi può lavorare e provare a portare avanti riforme in questi anni e contrastare, per quello che può, il potere del presidente.

D. - Stati Uniti e Unione europea si sono espressi negativamente sulla tornata. Cosa dire del ruolo della comunità internazionale?

R. - Si sono espressi negativamente però la Comunità internazionale non può assolutamente restare alla finestra. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un Paese chiave nella regione dei Grandi Laghi. Insomma, la Comunità internazionale non può sicuramente lavarsene le mani, quindi chi può effettivamente intervenire, chi dovrebbe spingere maggiormente sull’acceleratore è l’Unione africana. Sappiamo che l’Unione africana ha parecchie debolezze e quindi fa dichiarazioni sempre un pochino leggere e lascia che le cose scorrano come scorrano.

D. - Alla luce di queste considerazioni quale può essere la via d’uscita realistica per la situazione nel Paese africano?

R. – Credo che alla fine Kabila riprenderà a fare il suo lavoro. Il problema è capire se gli investimenti internazionali arriveranno, se si darà ancora credito al Congo… Non dimentichiamo che stiamo parlando di un Paese che ha ricchezze enormi, che però non vengono equamente ridistribuite, è anche un Paese dove magari molte imprese non investono perché non ci sono ancora gli standard di sicurezza accettabili. Se lavorerà in quella direzione potrà fare ancora un po’ di strada. Non scommetterei che possa arrivare la fine di questi cinque anni, se non metterà in moto meccanismi che la popolazione può apprezzare come sviluppo, cambiamento, come trasformazione. (bf)







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