Il "Messiah" di Haendel al concerto di Natale dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma
Il grandioso “Messiah” di Haendel è il titolo scelto dall’Accademia di Santa Cecilia
per augurare il Natale a tutti gli appassionati di musica: sul podio sale uno dei
più importanti ed entusiasti cultori di musica antica e barocca, Fabio Bondi, che
ha scelto per questa occasione la rara versione di Dublino del capolavoro, in programma
questa sera al Parco della Musica di Roma, con repliche lunedì e martedì prossimi.
Il servizio di Luca Pellegrini:
Esplode il
canto della gioia, perché il Bambino sta per nascere: il coro canta la profezia di
Isaia, declama i titoli del Figlio di Dio, poi si apre alla contemplazione della Natività,
con una dolce sinfonia pastorale: nella prima parte del “Messiah” di Haendel tutto
è attesa per l’evento che cambierà le sorti e la storia del mondo; tutto è mistero;
tutto è profonda e intima beatitudine. Quel 13 aprile del 1742, quando il più famoso
oratorio del “caro sassone” vide la luce a Dublino come concerto di beneficenza, anche
la storia della musica poté iscrivere un capitolo importante e nuovo, perché il nome
di Haendel si associò definitivamente al più grande capolavoro dedicato a Gesù, il
Cristo, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio. Flavio Biondi lo propone
all’Accademia di Santa Cecilia come concerto natalizio dell’illustre istituzione romana,
proprio nella versione dublinese. Quali caratteristiche presenta?
R.
- Diciamo che la versione di Dublino è una versione leggermente accorciata e c’è una
diversa orchestrazione: sono completamente assenti gli oboi e i fagotti e tra gli
archi sopravvivono solamente le due trombe e i timpani per l’Alleluia e per i pezzi
che naturalmente conosciamo. E’ una versione un po’ più terrena, forse più tenera,
più umana alla quale io sono sempre stato attaccato fin dall’inizio.
D.
- Maestro, come la musica esprime nella prima parte i sentimenti che accompagnano
il Natale cristiano?
R. - Haendel è un compositore estremamente prossimo
al testo, al significato del testo. Io credo che la bellezza stia proprio nell’espressione
che dà ad ogni singola parola. Il "Messiah" non racconta una storia, ma una lunga
serie di avvenimenti e soprattutto uno stato emozionale che è espresso ogni momento
e in ogni battuta da alcune simbologie musicali che fanno intuire l’attaccamento,
la passione e il grande desiderio di espressione alta che ha avuto nei confronti di
questo libretto e di questo testo.
D. - Maestro, lei come trascorrerà
il Natale?
R. - Io lo passerò in casa, com’è giusto che sia a Natale:
vicino alla famiglia, vicino alle persone a cui si vuole bene e che sono parte della
nostra vita di ogni giorno. Nei regali di Natale, desidero soprattutto avere lo stesso
entusiasmo, la stessa gioia, lo stesso desiderio di cercare giorno dopo giorno nuove
partiture, nuovi autori e novità che possano permettere al pubblico di comprendere
sempre di più la grande storia della musica, che è una storia molto complessa, molto
articolata. Quindi, fra tutti i regali, quello che spero di ricevere è di restare
entusiasta nei confronti di questo mondo, che è un mondo meraviglioso. (mg)