La protesta in Siria: uccisi numerosi civili, a Homs 200 mila in piazza
Almeno 17 civili siriani sono stati uccisi oggi dalle forze fedeli al presidente Bashar
al Assad in altrettante località del Paese. Tra queste anche la città di Homs dove
si sono riuniti 200 mila manifestanti disarmati, secondo i Comitati di coordinamento
locale degli attivisti siriani, in una nuova giornata di proteste indetta dall'opposizione.
A oltre due mesi dall'avvio della finora poco efficace iniziativa di mediazione della
Lega Araba, migliaia di siriani sono tornati oggi in piazza, venerdì di preghiera
islamica comunitaria, per chiedere la caduta del regime degli Assad con lo slogan:
"La Lega Araba ci uccide". Homs è da mesi assediata da truppe dell'esercito e dalle
forze di sicurezza. Interi quartieri, a maggioranza sunniti, sono isolati dal resto
della città. Gli attivisti stanno trasmettendo, tramite Skype o webcam collegate a
Internet, le manifestazioni pacifiche in corso ad Hama, altra città in rivolta più
volte teatro di sanguinosi raid delle forze lealiste, Dayr az Zor all'est, Qamishli
nel nord-est a maggioranza curda e nella regione meridionale di Daraa.
Egitto:
250 feriti in scontri al Cairo Nuovi scontri, questa mattina, al Cairo al sit-in
davanti all'edificio della presidenza del consiglio dei ministri, con un bilancio
di circa 250 feriti tra i manifestanti. Molte persone sono state arrestate dalla prima
mattina, quando sono cominciate le prime scaramucce, dopo che si era sparsa la notizia
di un manifestante arrestato, picchiato brutalmente dalla polizia e poi rilasciato.
Sull'arteria Qasr el Aini, che incrocia la strada dei palazzi governativi, dopo che
la polizia militare ha demolito e bruciato le tende nei quali i manifestanti si erano
insediati dal 24 novembre per impedire al nuovo governo di Kamal el Ganzouri di prendere
possesso degli uffici. Quasi tutti i feriti avrebbero solo lesioni leggere, perchè
colpiti alla testa da pietre, ma è stato segnalato anche un giovane ferito ad un occhio
con un proiettile di gomma, apparentemente sparato dai militari. Gruppi di decine
di persone si stanno radunando ora in piazza Tahrir, che dista dal luogo degli scontri
un centinaio di metri, mentre vengono intonati canti contro i militari e la polizia,
analoghi a quelli di solito intonati dagli ultrà negli stadi di calcio.
Riattivato
l’accordo Italia-Libia dopo il congelamento durante la guerra Italia e Libia
"ricominciano". La collaborazione tra Roma e Tripoli, "congelata" durante la guerra,
riparte dal "vecchio" trattato di Berlusconi, ma su nuove basi: quelle di un Paese
libero che dopo la dittatura di Gheddafi sta “finalmente coronando le sue aspirazioni
alla democrazia”. Il premier Mario Monti ha descritto così la Libia, annunciando -
al termine di un colloquio durato oltre un'ora e mezza con il leader del Cnt, Mustafa
Abdel Jalil - la decisione di "riattivare" l'accordo che impegna Roma per 5 miliardi
di dollari in 20 anni e facendo tirare così un sospiro di sollievo alle imprese italiane,
coinvolte in prima persona nelle opere da realizzare in Libia. L'intenzione è, infatti,
quella di ripartire concretamente con la collaborazione - e lo dimostra la decisione
di Monti di andare in Libia a gennaio - in un Paese nel quale l'Italia ha interessi
economici fortissimi. Sbloccando anche i fondi congelati durante la guerra: 600 milioni
quelli già liberati, con l'impegno del premier “ad assicurarne la massima speditezza
nell'utilizzo”. Un accordo che va, in sostanza, “nell'interesse di entrambi i Paesi”,
come ha confermato Jalil - che nella sua "giornata romana" ha incontrato anche il
capo dello Stato, Giorgio Napolitano - smentendo nei fatti con il via libera al testo
del 2008 indiscrezioni, che volevano i nuovi dirigenti libici propensi a modifiche
che avrebbero ridimensionato il ruolo italiano in Libia.
Voci di possibile
rimpasto di governo in Grecia dopo solo un mese Si fanno ogni giorno più intense
le voci di un eventuale rimpasto del governo del premier Lucas Papademos, che conta
appena un mese di vita. Secondo parte della stampa greca, il governo di "salvezza
nazionale" (o di transizione, come preferisce definirlo il partito di centro-destra
Nea Dimocratia), non può più andare avanti perchè molti dei suoi ministri invece di
pensare al loro lavoro pensano ai problemi del loro partito. Come esempio viene portato
il caso della corsa alla successione all'interno del Pasok, il partito socialista
dell'ex premier Papandreou, il quale non ha ancora reso noto le proprie intenzioni
riguardo la leadership del partito. Per giungere ad un rimpasto dell'attuale governo
occorrerà che siano d'accordo tutti e tre i leader dei partiti che lo sostengono.
Uno dei tre, Giorgos Karatzaferis, il presidente di Laos (di estrema destra), si è
già detto d'accordo come lui stesso ha ammesso parlando con il premier. Per quanto
riguarda il Pasok, anche Papandreou accetterà, secondo i giornali. Rimane Antonis
Samaras, il leader di Nea Dimocratia il quale, a quanto pare, non sarebbe contrario,
come lo è invece ad un eventuale prolungamento della durata del governo di Papademos,
che in base all'accordo raggiunto dai tre partiti dovrebbe scadere con le elezioni
del 19 febbraio prossimo.
Alla dogana russa sequestrato materiale radioattivo
in partenza per l'Iran La dogana russa ha reso noto di aver sequestrato 18
contenitori di metallo contenenti l'isotopo radioattivo del sodio 22 e destinati all'Iran.
Il materiale radioattivo, di venti volte superiore alla norma, è stato scoperto all'aeroporto
Sheremetevo di Mosca nella sala partenze grazie ad un sistema che rivela la presenza
di radioattività durante il controllo dei bagagli. I contenitori erano all'interno
della valigia di un passeggero in partenza per l'Iran. Secondo un primo accertamento,
la sostanza radioattiva non può che essere stata prodotta da un reattore nucleare.
La procura di Mosca ha avviato un'inchiesta. Il sodio-22 è utilizzato in diversi campi
scientifici, compresa la sfera medica. La Russia, secondo l'agenzia Interfax, ha accordi
per fornire isotopi medici molibdeno 99 e iodio 131. Il sodio-22 può essere ottenuto
nelle strutture di Rosatom, l'agenzia federale per l'energia nuclerare, ma anche in
centri di ricerca medici e scientifici.
Nuove sanzioni contro l’Iran dalla
Corea del Sud per la questione nucleare La Corea del Sud ha varato nuove sanzioni
contro l'Iran, decidendo un'ulteriore stretta delle operazioni finanziarie con 99
persone giuridiche e sei fisiche del Paese, evitando qualsiasi iniziativa sul fronte
delle importazioni di greggio e prodotti petrolchimici. L'iniziativa, ha spiegato
il Ministero delle finanze in una nota, si somma ai 102 gruppi e 24 individui per
i quali Seul ha disposto a settembre il divieto sulle transazioni finanziarie. L'inserimento
nella "lista nera" comporta l'obbligatorietà del via libera della "Bank of Korea"
prima di ogni operazione in valuta estera. Il ministero, accogliendo l'invito degli
Stati Uniti per un'azione internazionale perchè Teheran abbandoni le ambizioni nucleari,
ha risparmiato le importazioni di greggio e beni petrolchimici, su cui c'è solo un
“invito alla cautela”. L'anno scorso, la Corea del Sud, quinto importatore mondiale
di "oro nero", ha permesso alla banca centrale iraniana di aprire conti denominati
in won coreani per i pagamenti del petrolio. Teheran, da allora, non è stata in grado
di rimpatriare i fondi raccolti che si stima siano saliti a 5 miliardi di dollari.
Secondo i dati più recenti della "Korea International Trade Association", Seul ha
importato petrolio e altri prodotti per 10,87 miliardi di dollari tra ottobre 2010
e ottobre 2011, a fronte di esportazioni per 6,14 miliardi di dollari. Nel 2010 la
Corea del Sud ha comprato 72,6 milioni di barili di greggio dall'Iran (il 10% del
fabbisogno), pari all'8,3% del suo import totale, secondo la Korea National Oil Corp.
La
centrale di Fukushima “in sicurezza”: annuncio del governo giapponese Il governo
giapponese ha annunciato l'arresto a freddo (“messa in sicurezza”) dei reattori della
centrale di Fukushima, duramente colpita dal sisma/tsunami dell'11 marzo. Ora, ha
detto il premier Yoshihiko Noda, in un messaggio trasmesso dalla tv pubblica Nhk,
“bisogna andare avanti e accelerare con il suo decommissionamento”. “La crisi nucleare
non è ancora finita, - ha spiegato il premier nipponico - ma con l'arresto a freddo
è stato fatto un grande passo in avanti e si è aperta una nuova fase”. Il 'cold shutdown'
equivale alla certificazione che le condizioni all'interno dei reattori sono ritenute
tali da rendere impossibile “stati di criticità” e reazioni atomiche a catena, nonchè
a chiudere definitivamente la fase piu' acuta della peggiore crisi nucleare da quella
di Chernobyl del 1986. Secondo i primi elementi forniti, ci vorranno fino a 40 anni
di interventi costanti per smantellare del tutto i reattori, mentre le prime operazioni
partiranno entro 20-25 anni, a causa della parziale fusione verificatasi nei reattori
n.1, 2 e 3. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 350