Italia. Il governo Monti ottiene la fiducia: stasera il sì definitivo alla Camera
È stata approvata questa mattina alla Camera dei Deputati, con il voto di fiducia,
la manovra finanziaria varata dal governo Monti, con 495 voti a favore, 88 contrari
e 4 astenuti. Attesa per questa sera l’approvazione definitiva del testo che poi passerà
al Senato. Intanto sul fronte economico è di ieri l’allarme recessione lanciato da
Confindustria. Previsto per il 2012 un calo del Pil dell’1,6% e una perdita stimata
di circa 800.000 posti. Per un’analisi di questo scenario Michele Raviart ha
intervistato Stefano Zamagni, docente di Economia all’Università di Bologna:
R. – E’ evidente
che questa crisi e i provvedimenti che, a livello europeo, sono stati presi hanno
natura recessiva. Dunque non c’è nulla di che meravigliarsi, perché la stessa cosa
vale per la Francia, anche per la stessa Germania, per la quale – appunto – si prevede
un aumento della disoccupazione. E’ chiaro che, di fronte ad una crisi, ci sono due
vincoli da rispettare: il vincolo della stabilità finanziaria e, dall’altro, l’esigenza
di far ripartire la macchina produttiva. Allora, la domanda diventa: è possibile far
ripartire la macchina produttiva, rispettando i cosiddetti “saldi finanziari”? La
mia risposta è: parzialmente, sì.
D. – Attraverso quali strumenti?
R.
– Dando la forza necessaria a quei soggetti di società civile che si impegnano sul
fronte produttivo e che sono le imprese sociali, le cooperative sociali, alcuni tipi
di fondazioni … quel mondo, cioè, che noi chiamiamo di terzo settore. Una cooperativa
sociale è un’impresa che produce valore aggiunto creando posti di lavoro. Allora,
in una situazione come l’attuale, perché non liberare i lacci e i lacciuoli a queste
forme di impresa non capitalistica, che quindi non sono sottoposte alla competizione
globale, ma che però creano, al tempo stesso, posti di lavoro? Questo, anche, è l’insegnamento
che ci viene dalla dottrina sociale della Chiesa!
D. – Lo stesso Monti
ha affermato che nella manovra, il rigore ha superato l’equità e la crescita, anche
se sono stati presi provvedimenti in questo senso. Sono sufficienti, questi, per far
ripartire il Paese?
R. – No. Non sono sufficienti. Però, io capisco
che ci possa essere un senso e quindi sono speranzoso. Io, però, torno a ribadire
l’impianto teoretico che secondo me va cambiato, perché quello che adesso sta avvenendo
è che la gente sta di nuovo perdendo quella fiducia che era stata alimentata un mese
fa. E questo è brutto, perché la gente in queste circostanze rischia di diventare
cinica. Basta ricordarsi di San’Agostino, quando ai suoi discepoli che si lamentavano
per la durezza dei tempi, lui rispondeva, redarguendoli: “Cambiate voi i tempi!”.
Ed è possibile, cambiare i tempi: cioè a dire, cambiare il modello di sviluppo.
D.
– Qualora fossero confermate queste previsioni, come si inquadrano questi dati nel
contesto europeo?
R. – Gli stessi dati, più o meno, riguardano anche
gli altri Paesi, Inghilterra compresa. Ed allora è chiaro che se la recessione diventa
un fatto europeo e non soltanto locale, la questione diventa seria. Ancora una volta,
noi guardiamo gli americani: gli americani adesso stanno riprendendo! Perché gli americani,
contrariamente a quanto molti pensano, predicano il neo-liberismo ma loro non l’hanno
mai praticato, il neo-liberismo! Hanno attuato la politica di facilitare alle banche
la possibilità di concedere prestiti alle imprese: noi, in Europa, abbiamo fatto esattamente
il contrario. Ora è ovvio che le imprese, se non hanno il credito, devono chiudere
o rallentare! (gf)