Il Senato degli Stati Uniti ha approvato un progetto di legge sui finanziamenti al
Pentagono che comprende il congelamento di parte degli aiuti al Pakistan, circa 700
milioni di dollari, e impone sanzioni alle istituzioni finanziarie che hanno rapporti
con la Banca centrale iraniana. Il provvedimento, che ha già ottenuto l’assenso della
Camera, passerà ora al presidente Barack Obama per la firma finale. Per un commento,
Giada Aquilino ha intervistato il prof. Maurizio Simoncelli, vicepresidente
dell’Istituto di ricerca internazionale Archivio Disarmo:
R. – Non
è un fulmine a ciel sereno: i rapporti tra Stati Uniti e Pakistan sono andati deteriorandosi
da tempo. Esemplare è stata la vicenda di Osama Bin Laden, che era rifugiato in Pakistan
in tutta tranquillità; poi ci sono state informative che i servizi segreti statunitensi
hanno dato ai servizi segreti pakistani, rispetto ad alcune fabbriche di bombe, che
non sono state prese in considerazione e non si è agito conseguentemente. Addirittura
si dice che gli informatori – quattro, cinque persone - che hanno permesso agli Stati
Uniti di localizzare Osama Bin Laden siano stati arrestati. Nel luglio scorso già
c’era stato un primo blocco degli aiuti, adesso ce n’è uno ulteriore. La conseguenza
di tutto questo è che c’è un irrigidimento: ci può essere una tendenza di Islamabad
a rivolgersi ad un altro grande della zona, che è la Cina, che è pronta a conquistare
ulteriore spazio nell’area asiatica. Quindi, questo potrebbe portare ad una diversificazione
significativa del quadro politico della zona.
D. – Proprio per questo
l’area Afpak rimane al centro dell’attenzione degli Stati Uniti?
R.
– Sicuramente. E’ un’area che non è importante solamente per l’aspetto del terrorismo,
dei talebani, di Al Qaeda e così via, ma è un’area geopoliticamente significativa
perché attraverso Afghanistan, Pakistan, in direzione di India e Cina, tendono a muoversi
i grandi spostamenti di materie prime attraverso gli oleodotti, alcuni già esistenti,
altri in costruzione. Quindi, avere come alleati Pakistan e India per gli Stati Uniti
è certamente strategico. Perdere un alleato come il Pakistan è un favore alla Cina.
Contemporaneamente bisogna riconoscere che il Pakistan ha pagato in questi anni un
altissimo prezzo in termini di vite umane nella lotta contro il terrorismo. Ricordiamo
le decine di attentati compiuti dalle formazioni terroristiche nei confronti del governo
e le uccisioni che ci sono state perché le bombe dei droni USA sono cadute fuori bersaglio.
Tutto ciò ha comunque lasciato il segno nei rapporti tra Pakistan e Stati Uniti.
D.
– Washington punta anche a bloccare gli averi di tutte le istituzioni finanziarie
che commerciano con la Banca Centrale iraniana, in ragione del programma nucleare
di Teheran. Secondo lei, quanto sono efficaci queste sanzioni?
R. –
Sappiamo che le sanzioni hanno un effetto non risolutivo e che contemporaneamente
hanno comunque delle conseguenze, in primo luogo, politiche e, in secondo luogo, riescono
per esempio a rallentare determinati processi relativi all’arricchimento di materiali
fissili. Certo, però, che, se ci sono altri Paesi che invece sono pronti ad offrire
quello che gli Stati Uniti rifiutano di fornire, le sanzioni in questo caso hanno
un effetto quasi nullo. (ap)