Pistoia. Domani Messa negli Stabilimenti Breda in crisi. Mons. Bianchi: Natale
"amaro", serve il coraggio della speranza
Una Messa natalizia in un luogo insolito: domani, 14 dicembre, il vescovo di
Pistoia, Mansueto Bianchi, celebrerà alle ore 10 l’Eucarestia all’interno dello
Stabilimento Breda, azienda leader nel settore ferroviario a rischio di vendita, o
piuttosto di "svendita", come denunciano i lavoratori e le autorità cittadine. Il
servizio di Roberta Gisotti:
Un Natale
segnato non solo a Pistoia ma in tutta Italia dalla crisi economica e dall’acceso
dibattito fra le parti sociali, mentre sale la sfiducia dei cittadini verso la politica
perché sappia gestire con saggezza ed equità la cosa pubblica:
D. -
Mons. Bianchi come è nata l’idea di celebrare la Messa tra i lavoratori della Breda?
R.
- E’ stato un invito che ho ricevuto dai lavoratori per portare il segno di una visibilità,
di una vicinanza e anche di una solidarietà che è di tutta la Chiesa di Pistoia nei
confronti della vicenda di questa fabbrica.
D. - La diocesi, attraverso
l’Ufficio per la Pastorale sociale, si è occupata direttamente per portare una parola
di mediazione…
R. - Direi che, forse, il gesto di essere invitato nei
capannoni dove vengono fabbricati i treni ad alta velocità a celebrare l’Eucaristia
è anche - penso - il riconoscimento del ruolo che la Chiesa ha svolto in questa lunga
crisi. E’ stato prima di tutto un ruolo di presenza, di attenzione, di ascolto, un
ruolo di conforto e di aiuto per quello che era e che è possibile fare. Ma è stato
anche un ruolo di mediazione - per quanto era ovviamente corretto ed appropriato compiere
da parte nostra - in modo che all’interno della fabbrica ci fosse un clima il più
possibile di dialogo, di confronto, di ascolto, di volontà di intravedere e di intraprendere
le strade oggi concretamente possibili, che non sempre sono quelle che ciascuna delle
parti desidererebbe fosse. Questa presenza ha suscitato attenzione e anche un atteggiamento
che ha superato diversi pregiudizi; è stata apprezzata la presenza di una Chiesa,
di una comunità cristiana che si faceva - per così dire - tessuto connettivo tra le
parti, favorendo lo sbocco di un’intesa, l’ascolto delle ragioni dell’altro e della
conciliazione, nel senso di configurare un possibile percorso condiviso.
D.
- Eccellenza, si sente dire in giro sarà un "Natale sobrio" e forse possiamo sperare
che sarà un Natale più vero: quale messaggio ci dà il Vangelo per non soccombere alle
difficoltà?
R. - Lei diceva di un Natale "austero", io temo si debba
parlare di un Natale "amaro", perché ci sono veramente centinaia di famiglie che sono
sgomente del proprio presente e guardano con estrema preoccupazione il proprio futuro.
Lo sgomento riguarda la loro vicenda economica, la vicenda dei figli, ma riguarda
anche la vicenda umana, perché inevitabilmente una crisi economica finisce per diventare
una crisi sociale e una crisi umana nei rapporti relazionali. Queste vicende economiche
agiscono come elemento di disgregazione delle famiglie: le mettono in una situazione
di emergenza che, protratta nel tempo, lima e qualche volta addirittura sbriciola
le relazioni intrafamiliari, perché le persone perdendo il lavoro, perdendo un livello
economicamente - diciamo - dignitoso seppure austero, sentono di perdere dignità,
la dignità dei coniugi l’uno di fronte all’altro, la dignità di genitori di fronte
alle attese dei figli… E’ terribile questo riverbero della crisi economica dentro
le vicende familiari e dentro le relazioni sociali. Io spero, chiedo, credo, prego
perché questo Natale sia soprattutto un Natale di coraggio: il coraggio della speranza,
il coraggio di non mollare, il coraggio di cercare strade di unità, di collaborazione,
di sinergia per aprire spazi possibili, per intravvedere - come dire - degli slarghi
ancora praticabili, soprattutto per il cammino del lavoro. Vorrei tanto che quest’anno
il Vangelo del Natale, il dono del Signore generasse dentro di noi la capacità di
non mollare, di non arrenderci, di non lasciarci andare e - per dirla col profeta
Isaia - “di non lasciarci cadere le braccia”. (mg)