Accordo sull'unione fiscale al vertice Ue per salvare l'euro: solo Londra dice no
I leader dei 17 Paesi dell’Eurozona hanno raggiunto, nel vertice di Bruxelles concluso
ieri, uno storico accordo che obbligherà gli Stati firmatari ad avere il pareggio
di bilancio come norma costituzionale con possibilità di sforare non oltre lo 0,5%.
In caso di violazioni scatterà un "meccanismo automatico di correzione". All’intesa,
varata per respingere l'attacco contro l'euro, ha detto “no” solo la Gran Bretagna.
Il sì all’accordo è arrivato anche da altri 6 Paesi che non fanno parte dell’Eurozona
(Polonia, Danimarca, Lituania, Lettonia, Bulgaria e Romania). Svezia, Repubblica Ceca
e Ungheria hanno chiesto di consultare i Parlamenti. Concordato anche il Fondo permanente
salva-Stati, che tuttavia non avrà poteri sulla ricapitalizzazione delle banche. Forti
le critiche della stampa inglese alla posizione del premier britannico Cameron. Ma
quali conseguenze si possono ipotizzare con l’isolamento di Londra? Benedetta Capelli
ha raccolto l’opinione dell’economista Francesco Carlà:
R. – Secondo
me, l’Europa più che a "due velocità" è a "una velocità" più la Gran Bretagna: sono
26 Paesi che hanno una posizione e solo la Gran Bretagna è rimasta fuori da questa
posizione per ragioni molto interne, oltre che a quelle legate al suo desiderio di
indipendenza e di autonomia nelle scelte sul bilancio, nella protezione della sua
industria finanziaria, che per i britannici vale un decimo del Pil, e poi vale soprattutto
molta della loro influenza sulle questioni finanziarie, continentali e globali.
D.
– Gli Stati Uniti hanno prima plaudito al Vertice, ma poi hanno affermato che c’è
ancora molto da fare: come leggere queste dichiarazioni, anche alla luce dei rapporti
sempre ottimali con Londra?
R. – Io le leggerei anche da un punto di
vista della politica interna americana, perché fra un anno ci sono le elezioni e in
questo momento i Repubblicani cercano di prendere una posizione molto chiara su queste
cose per andare anche contro la possibile rielezione di Obama. In particolare credo
che a loro non sia risultato molto simpatica l’idea che l’Ue presterà 200 miliardi
al Fondo monetario internazionale che – come sappiamo – è soprattutto finanziato dagli
Stati Uniti per sostegni ai Paesi dell’euro che dovessero eventualmente entrare in
difficoltà nei prossimi mesi.
D. – Fondo monetario internazionale e
Banca centrale europea: queste due istituzioni come escono dal Vertice di Bruxelles?
R.
– Il Fondo monetario internazionale è possibile che riceva questa iniezione di 200
miliardi di euro che, però, dovrebbero poi essere finalizzati al sostegno dei Paesi
europei dell’euro in difficoltà. E’ un escamotage per non andare direttamente dalla
Banca centrale europea. Qui non c’è stato quello che gli analisti finanziari chiamavano
“big bazooka” (i fondi limitati per banche) per gli acquisti limitati di bond della
Bce, che si auspicava, e saranno limitati a massimo 20 miliardi alla settimana: vedremo
se questi saranno sufficienti, soprattutto per Italia e Spagna nei prossimi mesi,
che saranno molto forti per le nuove aste dei Btp che attendono, appunto, Italia e
Spagna nel 2012.
D. – Le Borse hanno risposto positivamente alle misure
prese: lei ritiene che siano efficaci per uscire dalla crisi economica?
R.
– Le Borse hanno risposto positivamente soprattutto per quello che riguarda tre settori:
le banche, le assicurazioni e le automobili. Questo per ovvie ragioni e non solo tecniche
- visto che il giorno prima avevano perso più del 4 per cento e quindi sostanzialmente
ieri non hanno recuperato nemmeno interamente la perdita del giorno prima - ma per
ragioni semplici, perché queste novità riguardano soprattutto le banche e le assicurazioni
che saranno fortemente sostenute dai 26 Paesi del nuovo assetto che si sta creando:
le banche e anche le assicurazioni erano sicuramente il problema numero uno in Europa
e in particolare erano il problema numero uno della Francia, che esce probabilmente
come la reale vincitrice di questi due giorni di Bruxelles. (mg)