2011-12-09 15:07:00

Vertice Ue: accordo senza la Gran Bretagna per nuove regole sui bilanci nazionali


Il vertice Ue si conclude con l'accordo che vincolerà i governi a mantenere bilanci più sani di quelli che hanno portato il continente sull'orlo del baratro. Hanno aderito tutti i Paesi dell'euro e sembra proprio che ci sia la seria disponibilità di altri 9. La Gran Bretagna invece ribadisce il suo no. Profonda frattura tra Francia e Gran Bretagna. Il servizio di Stefano Leszczynski.RealAudioMP3

Gran Bretagna isolata dopo che il premier David Cameron, per evitare in patria la rivolta degli euro-scettici, ha bloccato la modifica del trattato Ue, nel vertice di Bruxelles pensato proprio per salvare l'eurozona. Dopo 11 ore di negoziati notturni infine l’accordo si è trovato, ma senza il sostegno di Londra, la scelta è caduta su un semplice accordo intergovernativo tra i 17 Paesi della zona Euro più 6 ''volontari'', e cioè Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, ai quali però sembra proprio che vogliano unirsi gli altri tre Paesi membri. E dunque sarebbero tutti i Paesi ad eccezione di Londra. Punti centrali dell’intesa l’unione fiscale, la riforma del fondo salva Stati e i nuovi fondi all'Fmi. Le nuove regole sui budget saranno scritte nelle costituzioni nazionali. Il "deficit strutturale" viene limitato allo 0,5% del Pil e chi sfora subirà sanzioni automatiche. Il fondo di salvataggio entrerà in vigore dal luglio 2012 e la dotazione salirà a 500 miliardi di euro, come richiesto espressamente da Berlino. Profonda la frattura tra Francia e Gran Bretagna con il presidente Sarkozy che ha annunciato la nascita di un’Europa a due velocità per colpa dell’arroccamento di Londra in difesa dei propri interessi nazionali. Soddisfatta la cancelliera Angela Merkel, che parla di recupero della credibilità dell’euro grazie al patto sull’unione fiscale, mentre il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, allarga le braccia e sottolinea l’assenza di un vincolo giuridico nel patto firmato dai Paesi dell’area euro. Intanto, i leader dei 17 Paesi dell'Eurozona più gli altri si riuniranno in gennaio a Bruxelles per mettere a punto l'intesa.

E sui motivi delle profonde diversità emerse sinora a Bruxelles tra i 27, Giancarlo La Vella ha intervistato l’economista Gianfranco Viesti, docente all’Università di Bari:RealAudioMP3

R. - Diciamocelo francamente: nessuno dei grandi Paesi europei riesce ad avere una visione che possa andar bene a tutti gli altri, una proposta cioè per andare avanti tutti insieme. Ognuno ha le sue priorità: la Germania è molto attenta alla sua politica interna, per cui mostra timidezza e difficoltà nel fare qualsiasi passo avanti. I britannici dal canto loro, rispolverano tutte le loro freddezze nei confronti dell’Europa. Sembra che, a causa della crisi, i governi siano sempre più orientati a soddisfare obiettivi di breve periodo e, quando si soddisfano gli obiettivi di breve periodo, si mette avanti a tutto l’esito per il proprio Paese e non l’obiettivo comune.

D. - Secondo lei, si fa sempre più concreto lo spauracchio di un’Europa a due velocità’?

R. - Le diverse velocità possono non essere un problema. Anche l’Europa monetaria è un’Europa a due velocità, perché abbiamo 17 Paesi con l’Euro e altri 10 che non ce l’hanno. Il punto è come stanno insieme questi due pezzi d’Europa. La flessibilità può essere un elemento positivo, naturalmente bisogna capire che cosa distingue quelli che vanno a una velocità, da quelli che vanno ad un’altra velocità: se vanno in direzioni opposte è un conto, se vanno comunque verso un obiettivo comune è naturalmente molto più positivo.

D. - Secondo alcuni osservatori questi sarebbero i prodromi di un’imminente fine della moneta unica…

R. - Conviene accompagnare questa ipotesi sempre con la considerazione del fatto per cui non è che domani mattina andiamo in banca, cambiamo gli euro e ci ridanno le lire. E’ invece un’ipotesi catastrofica, nel senso che la rottura dell’euro può avere delle conseguenze sull’economia europea pari a quelle di una guerra: non si tratta di fare un passettino indietro, si tratta di scivolare indietro fino agli anni ‘50. Quindi, tutto è possibile in questo periodo. Teniamo, però, i nervi saldi perché un conto è discutere di come si va avanti, un conto è dire: “Liberi tutti e torniamo ad un’Europa che non conosciamo più da tempo”.

D. - Perché si registrano difficoltà anche per un accordo sulla revisione dei trattati comunitari?

R. - Le difficoltà nascono innanzitutto da una considerazione: siamo in presenza di un’Unione di 27 Paesi, cosa unica al mondo. Dunque, bisogna avere un po’ più di pazienza nei confronti della costruzione europea, perché ha bisogno di consenso. Dunque le diffidenze verso questa necessità di mettersi d’accordo, di concordare, sono un po’ eccessive, perché stiamo mettendo insieme 27 Paesi sovrani! Le difficoltà nascono anche dal merito delle scelte. Non dimentichiamoci mai che tutte le nostre difficoltà vengono da una crisi finanziaria internazionale di cui non siamo responsabili, che però ci sta costringendo a cambiare le nostre vite in maniera sostanziale, speriamo solo per un breve periodo di tempo. Allora, trovare le medicine per guarire questa malattia non è così ovvio, ma ci vuole un po’ di volontà politica. Se non c’è questa volontà politica, è chiaro che la mera discussione tecnica non può portare lontano. (bi)







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