A Bruxelles accordo a 26 per nuove regole sui bilanci nazionali . No della Gran Bretagna
Vertice di Bruxelles. L'accordo per il nuovo trattato sull'Unione di bilancio sarà
firmato a marzo da 26 stati membri con la sola esclusione di Gran Bretagna. Il premier
Cameron, duramente criticato dal presidente francese Sarkozy, ha spiegato: “Non rinunceremo
mai alla nostra sovranità”; quindi ha rassicurato: “non siamo nell’Euro, ma siamo
nell’Ue”. L’accordo è stato accolto positivamente dall’Unione Europea e dalle borse
del Vecchio Continente che hanno chiuso in positivo, meglio di tutte Piazza Affari.
Il servizio è di Laura Serassio:
E
sui motivi delle profonde diversità emerse sinora a Bruxelles tra i 27, Giancarlo
La Vella ha intervistato l’economista Gianfranco Viesti, docente all’Università
di Bari:
R. - Diciamocelo
francamente: nessuno dei grandi Paesi europei riesce ad avere una visione che possa
andar bene a tutti gli altri, una proposta cioè per andare avanti tutti insieme. Ognuno
ha le sue priorità: la Germania è molto attenta alla sua politica interna, per cui
mostra timidezza e difficoltà nel fare qualsiasi passo avanti. I britannici dal canto
loro, rispolverano tutte le loro freddezze nei confronti dell’Europa. Sembra che,
a causa della crisi, i governi siano sempre più orientati a soddisfare obiettivi di
breve periodo e, quando si soddisfano gli obiettivi di breve periodo, si mette avanti
a tutto l’esito per il proprio Paese e non l’obiettivo comune.
D. - Secondo
lei, si fa sempre più concreto lo spauracchio di un’Europa a due velocità’?
R.
- Le diverse velocità possono non essere un problema. Anche l’Europa monetaria è un’Europa
a due velocità, perché abbiamo 17 Paesi con l’Euro e altri 10 che non ce l’hanno.
Il punto è come stanno insieme questi due pezzi d’Europa. La flessibilità può essere
un elemento positivo, naturalmente bisogna capire che cosa distingue quelli che vanno
a una velocità, da quelli che vanno ad un’altra velocità: se vanno in direzioni opposte
è un conto, se vanno comunque verso un obiettivo comune è naturalmente molto più positivo.
D. - Secondo alcuni osservatori questi sarebbero i prodromi di un’imminente
fine della moneta unica…
R. - Conviene accompagnare questa ipotesi sempre
con la considerazione del fatto per cui non è che domani mattina andiamo in banca,
cambiamo gli euro e ci ridanno le lire. E’ invece un’ipotesi catastrofica, nel senso
che la rottura dell’euro può avere delle conseguenze sull’economia europea pari a
quelle di una guerra: non si tratta di fare un passettino indietro, si tratta di scivolare
indietro fino agli anni ‘50. Quindi, tutto è possibile in questo periodo. Teniamo,
però, i nervi saldi perché un conto è discutere di come si va avanti, un conto è dire:
“Liberi tutti e torniamo ad un’Europa che non conosciamo più da tempo”.
D.
- Perché si registrano difficoltà anche per un accordo sulla revisione dei trattati
comunitari?
R. - Le difficoltà nascono innanzitutto da una considerazione:
siamo in presenza di un’Unione di 27 Paesi, cosa unica al mondo. Dunque, bisogna
avere un po’ più di pazienza nei confronti della costruzione europea, perché ha bisogno
di consenso. Dunque le diffidenze verso questa necessità di mettersi d’accordo, di
concordare, sono un po’ eccessive, perché stiamo mettendo insieme 27 Paesi sovrani!
Le difficoltà nascono anche dal merito delle scelte. Non dimentichiamoci mai che tutte
le nostre difficoltà vengono da una crisi finanziaria internazionale di cui non siamo
responsabili, che però ci sta costringendo a cambiare le nostre vite in maniera sostanziale,
speriamo solo per un breve periodo di tempo. Allora, trovare le medicine per guarire
questa malattia non è così ovvio, ma ci vuole un po’ di volontà politica. Se non c’è
questa volontà politica, è chiaro che la mera discussione tecnica non può portare
lontano. (bi)
Per un commento all’accordo raggiunto sentiamo Antonio Tajani,
vicepresidente della Commissione Europea: