Monti-Geithner:gli Stati Uniti sostengono gli sforzi dell'Italia e dell'Ue. A gennaio
incontro a Washington
"Incoraggiante la manovra italiana, ma ora conta la sua attuazione." Così il presidente
della Bce Draghi, apprezzamento condiviso dal segretario al tesoro USA Geithner che
oggi a Miano incontrato il premier Mario Monti prima che partisse per il vertice
di Bruxelles. In primo piano le misure anticrisi e gli sforzi che UE e Italia stanno
compiendo. Buoni segnali intanto dall’agenzia di rating Fitch secondo la quale la
manovra varata dal governo allenta la tensione sul rating del Paese nel breve termine.Il
servizio di Giampiero Guadagni
In
Italia,intanto è iniziato l’iter parlamentare della manovra economica del governo
Monti. La Commissione Lavoro della Camera ha dato parere favorevole alla legge finanziaria,
ma chiede di garantire l’indicizzazione automatica sulle pensioni fino a tre volte
il minimo, ossia 1.400 euro. Tra le coperture suggerite all’esecutivo per far fronte
a questa modifica, un contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro, sulle cosiddette
"baby-pensioni", oppure l'incremento della percentuale del prelievo sui capitali che
hanno beneficiato dello scudo fiscale. Intanto, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno
proclamato uno sciopero unitario di tre ore per lunedì 12 dicembre. Per un’analisi
complessiva della manovra, Luca Collodi ha intervistato il prof. Stefano
Zamagni:
R. - E' una
manovra attesa, legata allo stato di necessità nel quale stava versando il nostro
Paese: già abbiamo visto il rimbalzo dei mercati, che hanno percepito e recepito il
senso finale di questa manovra, che è quello di rimettere il nostro Paese nell’alveo
dello sviluppo. Quindi, direi che va dato atto ai membri di questo governo di aver
accolto una sfida con coraggio e anche con determinazione.
D. - Una seconda
riflessione da fare riguarda alcune tematiche care alla Dottrina sociale della Chiesa.
Sembra, ad esempio, che la manovra sia un po’ carente sul fronte della famiglia, dei
giovani e del volontariato, il cosiddetto terzo settore. Lei è d’accordo su questa
riflessione?
R. - Quello che ho detto è riferito alla manovra così com’è stata
formalizzata ed esposta. Il problema successivo è: avrebbe potuto l’attuale governo,
usando la stessa manovra, inserire al proprio interno alcuni elementi che non modificando
affatto i saldi finali - perché questo è un punto fermo - avrebbe tuttavia inviato
messaggi in diverse direzioni? La mia risposta è sì. Ho motivo di ritenere che nella
conversione in legge al parlamento qualcosa di questo possa essere fatto. Ad esempio
il cinque per mille: bisogna indicare nella manovra che la legge sul cinque per mille
deve diventare una legge ordinaria. Questo non significa affatto aumentare le uscite
perché i tetti sono già stati prestabiliti: basta soltanto trasformare una norma -
che ogni anno è transitoria e che getta nel panico il mondo del terzo settore - in
una legge ordinaria, in modo tale che tutti possano sapere in anticipo come poter
impostare i propri bilanci. Secondo, il fattore famiglia: sulla famiglia questa manovra
non spende una sola parola. Si parla di membri della famiglia, ma la famiglia è un
soggetto, che ha una sua soggettività civile, economica e sociale. Perché allora non
utilizzare la manovra per scrivere che in un arco di tempo ragionevole - sei-otto
mesi - il governo si impegna a rivedere la normativa fiscale sulla famiglia per allinearla
a quanto fanno gli altri Paesi europei, prima fra tutti la Francia con il cosiddetto
“fattore famiglia”, che il Forum delle famiglie ha da tempo proposto e sul quale c’è
quasi, quasi unanimità di consenso? Questa è una riforma a costo nullo o meglio che
ha dei costi in prospettiva, ma nell’attuale manovra non si dice “non la introduciamo
ora, ma ci impegniamo ad introdurla, con le dovute mediazioni, nei prossimi mesi.”
Bisogna notare che sono state fatte le cosiddette audizioni di tipo concertativo e
il Forum delle famiglie non è stato ascoltato... Eppure, il Forum delle famiglie nel
nostro Paese raggruppa alcuni milioni di cittadini: non è, dunque, inferiore a quello
delle altre parti sociali. Terzo, la tassazione sui cosiddetti redditi "scudati":
noi sappiamo che il precedente governo, per mano del ministro Tremonti, aveva introdotto
una tassa - quasi ridicola - del 5 per cento. Quindi, i grandi evasori per riportare
in Italia i capitali evasi hanno pagato sugli stessi una tassa del 5 per cento. Questa
manovra la aumenta ora dell’1,5 per cento: questo non può essere - come dire - accettato,
perché stiamo parlando di persone che hanno già evaso e hanno ammesso di aver evaso
nella misura in cui hanno riportato questi capitali nel Paese. Perché allora non sfruttare
l’occasione per aumentare almeno del tre per cento? Io avrei preferito un altro cinque
per cento… In fondo, a questi grossi capitali cosa gliene viene di pagare anziché
il 5, il 10 per cento? Rimarrebbero ricchi egualmente. Avremmo così rastrellato quelle
risorse che potrebbero andare agli altri capitoli di cui ho fatto parola. In conclusione,
i saldi come ho detto devono rimanere immutati - questo è un vincolo - ma all’interno
di questo vincolo si può agire. Questo, comunque, è il mio augurio.
La crisi
finanziaria che ha messo in ginocchio molti degli Stati più ricchi del mondo ha anche
segnato il destino degli Obiettivi del Millennio individuati dalla comunità internazionale.
L’assenza di risorse ha, infatti, drasticamente ridotto e in alcuni casi annullato
i progetti della cooperazione allo sviluppo in favore dei Paesi più poveri. Una situazione
che rischia di innescare in molti casi un circolo vizioso che non mancherà di avere
forti ripercussioni anche sui paesi donatori. Il nuovo governo Monti sembra sul punto
di inaugurare una nuova stagione anche in questo specifico settore, affidato alla
guida del ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Sulle
speranze e le attese del mondo delle organizzazioni non governative impegnate nella
cooperazione internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato Sergio
Marelli, presidente della Focsiv, la Federazione che riunisce gli organismi cristiani
di servizio internazionale volontario:
R. - La situazione
dalla quale dovrà partire il neoministro Andrea Riccardi è una situazione che si può
definire senza enfasi “disperata”: mai così poche risorse come con la finanziaria
approvata dal governo Berlusconi, mai un’Italia così assente negli scenari internazionali.
E quindi ora bisognerà vedere nei prossimi giorni, anche a seguito di questa manovra,
con quante risorse e con quale autonomia egli potrà operare.
D. – Di cosa ha
bisogno il mondo della cooperazione internazionale: qual è il bilancio e soprattutto
qual è l’impegno?
R. – Sicuramente, oggi il mondo della cooperazione ha anche
bisogno di risorse. Ha bisogno di finanziamenti pubblici, non perché questi siano
essenziali per la sua sopravvivenza, come spesso erroneamente si pensa, ma perché
sarebbe un po’ strano che l’Italia - al contrario di tutti gli altri Paesi europei
che stanno contemporaneamente vivendo la stessa crisi finanziaria economica globale
- non stanziasse delle risorse per la cooperazione internazionale. Quindi, io mi aspetto
che il nuovo governo Monti, volendosi riallineare con l’Europa, lo faccia anche in
materia di cooperazione e di volontariato internazionale, stanziando una somma congrua
per poter ridare almeno un po’ di ossigeno per il prossimo anno a queste attività
di solidarietà con i Paesi poveri del Sud del mondo.
D. – Anche perché, quando
parliamo di cooperazione internazionale, ovviamente non si parla solamente di opere
caritative o di assistenza: sono progetti che poi hanno una ricaduta positiva anche
sul sistema del Paese che le produce...
R. – Tutt’altro che assistenza, tutt’altro
che filantropia. Questi anni hanno dimostrato come un’attività intensa ed efficace
di cooperazione internazionale sia stata un biglietto da visita anche per il sistema-Paese
Italia. In molti casi addirittura, la presenza dell’Italia in alcuni Paesi è determinata
fondamentalmente solo dalla cooperazione internazionale e dalla cooperazione delle
Ong in modo particolare.
D. – Per quanto riguarda la cooperazione internazionale,
da parecchi anni c’era un preciso impegno a stanziare una quota del prodotto interno
lordo in favore di questi progetti: una cosa che non è mai avvenuta...
R. –
C’era l’impegno assunto anche dall’Italia, come da tutti gli altri Paesi donatori
nei confronti della comunità internazionale, di stanziare lo 0,7 per cento del prodotto
interno lordo per la cooperazione internazionale. Quello che c’è in ballo è la vita
di miliardi di persone: un abitante su sette del nostro pianeta oggi ancora lotta
con il bisogno, con l’obiettivo di trovare il cibo necessario per se stesso e per
la propria famiglia. (bi)