Pakistan: indagini in corso per l'omicidio della giovane cattolica uccisa da un musulmano
La comunità cattolica locale già la chiama “la Maria Goretti del Pakistan” e la ricorda
come “martire della fede”. Mentre la Chiesa di Faisalabad è ancora scossa per l’omicidio
della 18enne cattolica Mariah Manisha, uccisa da un musulmano per aver rifiutato la
conversione forzata e il matrimonio islamico, alcuni leader islamici locali stanno
cercando di “comprare il silenzio” della famiglia della vittima. Come riferiscono
fonti dell'agenzia Fides, i capi musulmani intendono applicare il meccanismo islamico
del “diyat”, il cosiddetto “prezzo del sangue”, previsto dalla sharia: grazie ad una
adeguata “compensazione economica”, la famiglia della vittima concede il perdono all’omicida,
e questo spiana la strada al suo rilascio, mettendo fine alla vicenda, senza alcuna
punizione legale. Il musulmano Mohammad Arif Gujjar, che l’ha uccisa il 27 novembre
2011, appartiene infatti a una famiglia ricca, in contatto con personaggi politici
di rilevo in Punjab e con influenti leader religiosi islamici. Mentre l'assassino
è stato arrestato e le indagini proseguono, anziani leader musulmani stanno visitando
la famiglia per porgere le condoglianze ma anche per offrire denaro in cambio del
“silenzio”. I genitori di Mariah, Razia Bibi e il padre Manisha Masih, che vivono
nel villaggio di Samundari e hanno altri cinque figli, sono indignati da tali proposte.
Mons. Khalid Rashid Asi, vicario generale di Faisalabad e presidente della Commissione
diocesana per i giovani, spiega a Fides: “Stiamo seguendo con attenzione e con commozione
questa vicenda. Aspettiamo la chiusura definitiva dell’inchiesta delle forze dell’ordine.
Poi, come Chiesa locale, esamineremo il caso e tutte le testimonianze, valutando se
segnalare Mariah alla Conferenza episcopale, come martire della fede”. In un altro
delicato caso, Martha Bibi, donna cristiana vittima di false accuse di blasfemia,
è stata rilasciata su cauzione a fronte del pagamento di 100.000 rupie, grazie all’intervento
dell’Ong Lead (Legal Evangelical Association Development). La donna, che viveva nel
villaggio di Kot Nanak Singh, in Punjab, è accusata di aver offeso il Corano e il
profeta Maometto nel gennaio 2011. Il processo è comunque in corso a Lahore. Haroon
Barkat Masih, direttore della Ong cristiana “Masihi Foundation”, che si occupa di
Asia Bibi, commenta che “i due strumenti principali per colpire i cristiani in Pakistan
sono proprio la legge sulla blasfemia da un lato, il ‘diyat’ dall’altro. Prima i fedeli
vengono uccisi o messi in carcere con false accuse, poi si cerca di comprare il silenzio
delle famiglie, per rimettere in libertà i criminali”. (R.P.)