Nuovi attentati in Afghanistan. Ong Awsso e Pangea: donne veicolo per la pace e lo
sviluppo sociale
Il presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai è rientrato a Kabul, dopo aver annullato
la prosecuzione del suo viaggio in Europa con una tappa anche a Londra, per esaminare
la situazione dopo gli attentati di ieri nella capitale e a Mazar-i-Sharif, durante
la celebrazione sciita della Ashura, con un bilancio di una sessantina di morti. Subito
convocata una riunione di emergenza del Consiglio per la sicurezza nazionale, dopo
che anche oggi almeno 19 civili sono rimasti uccisi per l'esplosione di una bomba
artigianale nella zona di Helmand. Solo pochi giorni fa, alla Conferenza internazionale
di Bonn, Karzai aveva affermato che “gli obiettivi di un Afghanistan stabile e autosufficiente”
sono ancora lontani. Ma che Paese è oggi l’Afghanistan? Giada Aquilino lo ha
chiesto a Naheed Abdullah, dell’Afghan Women Social Services Organization (AWSSO),
associazione afghana che si occupa di microcredito per le donne, in collaborazione
con la Fondazione Pangea Onlus che a Kabul ora ha in progetto di costruire una casa
per mamme e bambini:
R. – I think
that Afghanistan is a country... L’Afghanistan è un Paese che racchiude
gli interessi di molti altri Paesi e per questo motivo non possiamo dire che l’Afghanistan
sia in pace, ma non possiamo nemmeno dire che sia completamente in guerra. E’ un Paese
dove pace e guerra sono mescolati insieme agli interessi degli altri Paesi, che sono
intorno e lontani dall’Afghanistan.
D. – Che rappresentanza c’è stata
della società civile alla Conferenza di Bonn?
R. – Civil society wants
that women have… La società civile pensa a un ruolo forte delle donne. C’è
stata una piccola partecipazione della società civile attraverso l’Afghan Women Network
di cui Awsso è parte: si tratta di una rete di organizzazioni di donne che lavorano
ed hanno lavorato negli ultimi dieci anni moltissimo per garantire una posizione ed
un miglioramento per le donne nella società e soprattutto nel processo di pace. Il
problema è che vengono dati sempre solo pochi minuti alle donne in queste conferenze
e non vogliamo che per pochi minuti venga negoziata la posizione delle donne in generale
nella società afghana.
D. – Quali sono le richieste delle donne nella
società afghana oggi?
R. – As we are working for afghan women... Noi,
come organizzazione, ci chiamiamo Awsso, quindi “servizi sociali per le donne afghane”.
Questo perché lavoriamo con donne estremamente povere, gente ordinaria, persone che
non hanno per forza un’idea politica, non hanno per forza un’educazione. In realtà,
però, hanno comunque un’idea ed un grosso desiderio dentro: prima di tutto, quello
che vogliono le donne è la pace e poi, la seconda cosa, è avere una possibilità economica
per ricominciare, per ricostruire la pace.
D. – Come si fa ad avere
questa possibilità economica? Sappiamo che ci sono dei progetti portati avanti da
Pangea in Afghanistan. Come avviene il vostro lavoro?
R. – I’m responsible
for this project… Sono responsabile del progetto di microcredito ‘Jamila’
di Pangea in Afghanistan, per cui noi incontriamo veramente tantissime donne. Lavoriamo
a Kabul dove ci sono oltre 5 milioni di persone oggi e nell’arco di un anno lavoriamo
con almeno 500 donne. Non è un progetto di pura assistenza, non è un aiuto per cui
le donne si devono sedere e aspettare, ma è invece un aiuto per cui le donne devono
attivarsi, lavorare sul prestito che diamo loro, perché solo in questa maniera si
sentono responsabili e coinvolgono tutta la famiglia intorno a loro. Questo è quindi
un progetto che, in maniera molto semplice, ha un grosso impatto, perché riesce a
coinvolgere - a partire da una donna - tutta una famiglia. Il progetto si indirizza
chiaramente alle donne che hanno una professione, che sanno gestire un piccolo business.
Molto spesso però ci sono donne che non hanno capacità imprenditoriale e quindi si
guarda al nucleo familiare: se ci sono il marito o il figlio che, invece, hanno delle
capacità commerciali. E poi, attraverso la donna, si dà il microcredito a tutta la
famiglia. A seguire, inizia una vera e propria formazione su cosa sia il microcredito,
su come funzionerà in tutto l’intero anno, dopo di che queste persone otterranno i
soldi. C’è poi la distribuzione e dopo la restituzione. Tutto questo è accompagnato
anche da corsi che le donne devono fare: corsi sulla salute, sui propri diritti, sulla
matematica, sull’imparare la contabilità, visto che gestiscono dei soldi. La cosa
veramente importante, rispetto a questo progetto, è il risparmio. Alla fine di un
anno alle donne viene restituito tutto il risparmio accumulato e loro sono veramente
felici.
D. – Ricordi una frase che una di queste donne di cui vi occupate
ti ha detto, sia per ringraziarti sia per parlare del suo futuro?
R.
– Yes, I remember one sentence... Sì. C’è una frase di una donna che mi
ha molto colpito: era la terza volta che prendeva il microcredito per rafforzare il
proprio business; aveva chiesto un quarto microcredito e noi le abbiamo detto che
i prestiti si potevano concedere solo tre volte. Lei mi disse: “No, non dire così,
perché non ti lascerò mai; se un giorno andrai in cielo ti prenderò per i piedi per
riportarti in terra e se invece andrai sotto terra ti riprenderò per le orecchie per
riportarti su, perché voi siete assieme a noi per sempre”.(ap)