Libia. Il Cnt: Tripoli smilitarizzata entro il 31 dicembre
A quasi due mesi dall’uccisione di Muammar Gheddafi, la Libia cerca di avviare il
difficile percorso di stabilizzazione e di creazione di uno Stato democratico. Il
Consiglio di Transizione ha annunciato la smilitarizzazione di Tripoli entro il 31
dicembre, ma sono ancora molti i focolai di violenza, innescati dalle faide tra le
varie tribù, che minano l’inizio della convivenza civile e pacifica. Ma come appare
la Libia oggi dopo la sanguinosa guerra civile che ha provocato la caduta del vecchio
regime? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Cristiano Tinazzi, appena
rientrato da Tripoli:
R. – Ci sono
città come Bengasi e Tripoli che hanno lentamente ripreso a vivere nella normalità
anche se a Tripoli ultimamente ci sono problemi con le milizie, mentre invece altre
zone del Paese come Sirte e Bani Walid sono ancora completamente lasciate in mano
a loro stesse: non c’è ancora possibilità di comunicare, le infrastrutture sono distrutte
e ultimamente ci sono anche stati agguati alle forze rivoluzionarie, quelle del nuovo
governo, e una serie di vendette che non si placano nella zona tribale di Bani Walid.
D.
– Sta in qualche modo prendendo piede l’appello fatto dalla rete terroristica Al Qaeda,
cioè di non deporre le armi e di schierarsi contro qualsiasi costituzione di uno Stato
che potrebbe dialogare con l’occidente…
R. - La questione della penetrazione
di Al Qaeda in Libia è un dato di fatto. Bisogna vedere però anche come reagiranno
i capi militari. Certo è che ogni milizia non rinuncerà alle armi fino a quando non
avrà garanzie in cambio. Tripoli ha un’amministrazione civile, ci sono volontari che
reggono il Tripoli local council che non vogliono le armi in città, che vogliono ristabilire
l’ordine, vogliono la polizia locale e stanno chiedendo in tutti i modi la formazione
di un esercito nazionale. Fino a questo momento ci si spara di notte tra milizie che
occupano Tripoli, provocando anche morti e feriti e terrore tra la popolazione. Questo
è un dato di fatto che mina la sicurezza della città soprattutto di notte. Di giorno
questa cosa è molto meno visibile.
D. – Si intravede, comunque, l’inizio
di un processo di realizzazione di uno Stato unitario o prevalgono ancora le faide
tra le varie tribù?
R. - C’è da parte di una minoranza - una minoranza
attiva, giovane, che viene dall’estero e che fa parte della diaspora libica - la volontà
di creare uno Stato moderno, magari su un’impronta di tipo europeo, che vuole cambiare
le cose, tant’è che addirittura a Tripoli sono apparsi cartelli bilingue per invitare
i cittadini a comunicare con la municipalità. Dall’altra parte però ci sono situazioni
che ancora non sono chiare: i berberi, per esempio, sono stati esclusi dal nuovo governo
e sono sempre in piazza a Tripoli per chiedere i loro diritti perché si ritengono
discriminati come all’epoca di Gheddafi. Quindi ci sono ancora incognite da chiarire,
però soprattutto nella capitale ci sono segnali positivi.
D. - Per uno
Stato impegnato nella ricostruzione molto importante è l’aspetto economico. La Nato
ha annunciato che non chiederà i costi della guerra e poi è importante sapere come
va la produzione del petrolio, se è ripresa…
R. – Si pensa di arrivare
a pieni ritmi, come nell’epoca precedente alla guerra, entro il 2012. Ci sono problemi
per quanto riguarda il flusso monetario nel Paese perché ancora oggi i cittadini non
possono ritirare soldi dalle banche, massimo 750 dinari al mese, con i quali non si
vive oggi: sono aumentati i prezzi, c’è un’inflazione molto forte, quindi il potere
d’acquisto sta calando, e ci sono ancora molte aziende che non hanno ripreso a lavorare,
soprattutto aziende estere. C’è un problema anche per quanto riguarda il pagamento
degli stipendi, c’è un problema di liquidità nel Paese. C’è un problema a far ripartire
il tutto ed è una cosa che avverrà sicuramente con gradualità.