Un audiolibro racconta la vita del Beato Zeffirino Jiménez Malla, patrono dei Gitani,
ucciso durante la guerra civile in Spagna
“Non mi vedrete morire” è il titolo dell’audiolibro sulla figura del Beato Zeffirino
Jiménez Malla, primo zingaro della storia ad essere beatificato. E' stato Giovanni
Paolo II ad elevarlo all'onore degli altari nel 1997, proclamandolo patrono di tutti
i Gitani. Il volume - edito dalla San Paolo ed arricchito da un Cd - è stato presentato
stamane nella sede della nostra emittente da mons. Bruno Schettino, presidente della
Fondazione Migrantes e da mons. Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana.
Il servizio di Roberta Gisotti:
“Uno zingaro,
un analfabeta. Un uomo nobile”, così Susanna Tamaro descrive nella prefazione dell’audiolibro
il Beato Zeffirino, detto el Pelé, nato 1861 in Spagna, di etnia rom, cattolico, “uomo
molto popolare ed influente” tra la sua gente ma sempre umile, allegro e gioviale
con tutti, “amico dei poveri”, onesto “commerciante di cavalli”. Venne brutalmente
fucilato durante la guerra civile per aver preso le difese di un sacerdote. Disse
una volta "non mi vedrete morire": certo fu profeta. Una persona che parla ai nostri
tempi pieni di paure e pregiudizi sui zingari. Mons. Bruno Schettino:
R.
- Sicuramente perché un Beato è sempre un esempio, un modello di vita e anche per
tanti gitani può essere l’esempio di come, da una parte, integrarsi nel territorio,
integrarsi nella vita della Chiesa e, allo stesso momento, anche accettare le regole
della vita sociale. Per cui, da una parte, è necessario che i gitani - nostri fratelli
rom e sinti - siano accolti e lavorino nel proprio ambiente, ma che abbiano anche
- dall’altra - il riconoscimento di tante necessità scolastiche, ambientali, di lavoro
e anche di abitazione. L’esemplarità della vita del Beato Zeffirino è quindi un incitamento
a dare contenuti forti ed esperienza veramente appassionata per queste realtà umane,
tante volte povere.
D. - Si è scelta la formula dell’audiolibro, pensando
forse soprattutto ai giovani?
R. - Il testo è veramente molto bello,
molto leggibile, intercalato anche da brani musicali e, alla fine, si conclude con
Fabrizio De André che canta “Khorakhané”. Quindi anche un aiuto ai giovani, perché
attraverso l’ascolto e attraverso l’esemplarità della vita del Beato possano trovare
significato anche nel vivere con umiltà, ma anche con grande disponibilità interiore
il rapporto con i rom e con i sinti.
D. - Viviamo un tempo di crisi
economica, ma - possiamo dire - anche di valori: lei, quale presidente di Fondazione
Migrantes, teme delle ripercussioni anche sui rapporti tra Stato e comunità nomadi?
R.
- Io temo non soltanto per i rom e i sinti, ma temo anche per i tanti e tanti immigrati
clandestini: non è l’immigrato in sé che crea difficoltà, ma crea difficoltà l’immigrato
clandestino, perché non ha alcun diritto. In questa situazione, non potendo lavorare
e non potendo essere riconosciuto per i suoi diritti, sicuramente avrà molta sofferenza
proprio per quanto riguarda questo processo di nuova tassazione, ma anche di ristrettezza
economica. (mg)