Pubblicato il Rapporto dell’Osservatorio Romano delle Migrazioni
Cresce nel Lazio ed in particolare a Roma il numero di immigrati residenti. In aumento
soprattutto i nuovi nati, ma anche i matrimoni misti, e la percentuale di studenti
stranieri regolarmente iscritti nelle scuole e nelle università della provincia romana.
Sono i dati che emergono dall’ottavo rapporto dell’Osservatorio Romano delle Migrazioni,
realizzato dalla Caritas diocesana, con la Provincia e la Camera di Commercio. Il
significato dei numeri e le prospettive che ne derivano riassunte nello slogan “Insieme
per le vie del futuro” sono state presentate ieri in conferenza stampa nella capitale.
C’era per noi Cecilia Seppia:
Di fronte
ad un’emigrazione ancora sostanziosa e ad una popolazione sempre più anziana, la presenza
di stranieri sul territorio italiano vanta un indubbio fattore di rinnovamento e dinamismo:
550 mila è il numero di quelli che hanno la residenza nella regione Lazio. L’81,6
per cento vive nella provincia di Roma, che così si conferma vera capitale dell’immigrazione,
ma anche centro indiscusso di scambio culturale. Sono soprattutto romeni, poi polacchi,
bangladesi, albanesi ed infine crescono le collettività di più recente arrivo, come
cinesi e moldavi. Differentemente da quanto si pensa, sono per lo più cristiani cattolici,
poi ortodossi, protestanti e solo il 16 per cento si dichiara musulmano. La maggior
parte lavora nei servizi, poi nell’industria e nell’agricoltura, mentre addirittura
spopolano nel settore delle costruzioni. Inoltre, dato positivo, sono 22 mila i cittadini
stranieri titolari di impresa. L’inserimento sociale degli immigrati presenta però
luci ed ombre, a cominciare da quel concentrato di diritti troppo spesso negati che
è la cittadinanza. Mons. Enrico Feroci, direttore Caritas di
Roma:
“Credo sia necessario dare la cittadinanza. Non se ne può fare
a meno, perché siamo arrivati ad un punto in cui coloro che sono nati sul nostro territorio
devono sentirsi italiani, perché parlano italiano, frequentano le scuole, sono integrati
con i loro compagni, vivono nei nostri contesti. Per questo si sentono italiani, e
devono sentirsi tali anche attraverso i documenti”.
Vero motore di un’Italia
piegata dalla crisi, gli immigrati vengono ancora percepiti come una minaccia ma,
ciò che è peggio, come “usurpatori di lavoro”. Franco Pittau,
curatore dell’Osservatorio:
“Crisi si è abbattuta pesantemente sugli
immigrati. Non è vero che gli immigrati non pagano: pagano molto più severamente di
noi italiani, perché dopo sei mesi di disoccupazione, se non hanno trovato un nuovo
posto di lavoro, perdono il diritto a restare in Italia. Come fa un immigrato, che
magari si trovava qui da cinque, sei o dieci anni, che non ha ancora la carta di soggiorno
perché questa sarebbe una garanzia, a trovare un posto di lavoro quando i posti di
lavoro si perdono e non si creano? Questa è una contraddizione presente nel nostro
Paese. A me piacerebbe dire ai radioascoltatori di vedere le cose non sotto l’aspetto
della paura, ma anche di utilità in favore della nostra società. Abbiamo un immigrato
che è venuto qui, ha imparato la lingua, conosce gli uffici pubblici, ha fatto venire
la moglie, accompagna i figli a scuola, si è creato degli amici fra gli stessi immigrati,
dopo tre anni magari ha ricevuto una qualifica per un lavoro che non faceva nel suo
Paese, ma è diventato così bravo da ottenerla e noi che interesse possiamo avere a
mandare via queste persone che sono già ‘doc’ e farne venire altri? Nel mentre, ovviamente,
i flussi continuano. La vera politica migratoria, quindi, è una politica di stabilità”.
Non
solo per i numeri, dunque, Roma si conferma esempio di buone pratiche per favorire
integrazione e convivenza. Claudio Cecchini, assessore alle Politiche
sociali della capitale:
“Noi operiamo soprattutto su due piani. Da una
parte alcuni servizi concreti, perché gli immigrati vanno aiutati, accompagnati. L’altra
prevede un’azione di carattere culturale, di informazione e sensibilizzazione della
pubblica opinione per togliere pregiudizi, stereotipi ed incomprensioni. Gli incontri
nelle scuole sono un esempio di quell’azione di informazione, sensibilizzazione ed
educazione all’accoglienza”.(vv)