Giornata Internazionale del Volontariato, la riflessione di Andrea Olivero
Un appello a costruire una cultura del volontariato: lo hanno lanciato oggi, nella
Giornata internazionale del volontariato, diverse organizzazioni, fra le quali il
Forum Terzo Settore e CSVnet, che hanno organizzato un incontro a Roma dedicato alle
40mila associazioni che ogni giorno operano per il bene comune. Un evento che, tra
l’altro, cade nell’anniversario del 150.mo dell’Unità d’Italia e in chiusura dell’Anno
europeo del Volontariato. Vi ha preso parte anche il presidente della Repubblica italiana,
Giorgio Napolitano, e il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che ha sottolineato la
ricchezza del volontariato per la società. Debora Donnini ha intervistato
Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore:
R. – Un messaggio
è quello che "noi ci siamo", che operiamo costantemente per il bene comune: siamo
stati una parte importante della storia nazionale italiana, della costruzione di coesione
della comunità nazionale e vogliamo essere, anche nel futuro, costruttori di una comunità
coesa.
D. – I volontari in Italia sono aumentati. Secondo voi, perché?
R.
– Complessivamente ci sono quasi 6 milioni di volontari nel nostro Paese, sia pure
in misure e modalità molto diverse. Io credo ci sia la consapevolezza che bisogna
partire da se stessi per riuscire a cambiare la realtà e ci sia anche la voglia di
fare qualcosa a fronte di una situazione di difficoltà crescente. Dove si fanno delle
proposte concrete, noi stiamo vedendo una crescita di responsabilità da parte dei
giovani e stanno nascendo molte associazioni di volontariato: c’è una crescita di
quasi il 20 per cento, negli ultimi due anni, nel Mezzogiorno. Anche qui, noi agiamo
per contrastare l’idea di assistenzialismo e invece costruiamo responsabilità diffuse.
D.
– Come associazione di volontariato agite sia in Italia che all’estero. Ci vuole raccontare
un progetto che le sembra particolarmente significativo?
R. – Certamente
ce ne sono tanti. A me ha colpito, in questi ultimi mesi, un progetto di cooperazione
che si è sviluppato in Kenya con volontari italiani, che partiva da un’azione di un’associazione
keniana e non di un’associazione italiana: l’associazione italiana ha mandato volontari,
ma a gestire il progetto erano interamente cittadini keniani. Era un progetto che
si occupava di andare a promuovere un’attività di commercio equo, quindi per creare
una buona economia in un territorio peraltro molto penalizzato e, quindi, per andare
a fare una buona produzione, anche di tipo biologico e immettere prodotti nell’ambito
del mercato internazionale.
D. – Cosa chiedete alle autorità europee
e italiane?
R. – Chiediamo di andare a riconoscere la specificità del
volontariato anche attraverso normative che non ci calchino di burocrazia, ma che
al tempo stesso vigilino affinché nel volontariato non si immettano soggetti scorretti.
Chiediamo che ci vengano dati i mezzi per poter svolgere determinate attività, che
da soli non possiamo fare, e chiediamo che venga costantemente promossa l’attività
di volontariato in ogni contesto, a partire dalle scuole, perché il volontariato è
una delle grandi strategie educative per il futuro del Paese. (ap)