Si vota in Russia. Polemiche su attacchi a siti dell'opposizione
Russia al voto. Sette i partiti in lizza e circa 100 milioni gli elettori, ma al momento
si registra una scarsa affluenza. E se nelle regioni orientali il voto si è già chiuso
senza incidenti di rilievo, si ha notizia di tensioni nella capitale: la polizia ha
chiuso strade e piazze nei pressi della Piazza Rossa e fermato almeno una dozzina
di persone, mentre continuano le polemiche sulle pressioni subite da voci dell'opposizione:
5 siti di informazione stamattina sono stati attaccati da hacker e resi inaccessibili.
Le Ong denunciano pressioni di massa in tutto il territorio russo sugli osservatori
indipendenti e dei partiti chiamati a vigilare sulla correttezza delle procedure di
voto. Da Mosca, il servizio di Giuseppe D'Amato:
Da ore la
Russia sta votando per scegliere la composizione della prossima Duma, la Camera bassa
del Parlamento. Nell’Estremo oriente dell’immenso gigante slavo i seggi sono stati
già chiusi da tempo, mentre nella zona europea le operazione di voto si concluderanno
alle 18 ora italiana. Quindi verranno resi noti gli exit polls, mentre per i risultati
ufficiali bisognerà aspettare fino a domani mattina. I 110 milioni di aventi diritto
scelgono tra sette partiti. Ma solo quattro, stando a quanto affermano gli analisti,
hanno la possibilità di superare la barriera del 7% per avere una rappresentanza parlamentare.
La compagine da battere è “Russia Unita”, il cui capolista è il capo dello Stato uscente,
Dmitrij Medvedev. Il Cremlino ha posto l’asticella al 50-60% delle preferenze per
considerarsi soddisfatto e lanciare con successo la candidatura di Vladimir Putin
alla presidenza in marzo. Scandali vari e casi di corruzione hanno causato al partito
un calo di popolarità. Secondo sondaggi indipendenti, “Russia Unita” dovrebbe perdere
la maggioranza costituzionale di 315 seggi ed ottenere intorno a 250 mandati sui totali
450 della Duma. I comunisti di Zjuganov hanno la simpatia soprattutto delle fasce
di popolazione più anziane e degli scontenti del mondo post sovietico. Dovrebbero
arrivare al 20%. Gli ultranazionalisti di Zhirinovskij sono dati al 12%. “Russia Giusta”
al 9%. Gli altri sono staccati. A Mosca la Piazza rossa è stata chiusa alle visite.
In centro è notevole la presenza di polizia ed unità anti-sommossa. Si temono incidenti.
Da giorni circola la voce di brogli di massa, alcuni dei quali già denunciati dai
comunisti. Diversi popolarissimi siti Internet, critici con il potere, sono stati
attaccati dagli hacker e non sono visibili.
E’ evidente il ruolo della
coppia politica Putin-Medvedev. Di questo e delle prospettive della Russia a 20 anni
dalla caduta dell’Urss, Fausta Speranza ha parlato con Fulvio Scaglione,
vicedirettore di Famiglia Cristiana:
R. - Naturalmente
la situazione politica in Russia è molto bloccata e non credo, da questo punto di
vista, che abbiano francamente moltissima importanza le previsioni che danno “Russia
Unita” - il partito di Putin e Medvedev - in calo di consenso
e quindi in eventuale calo di seggi poi alla Duma. Io penso che “Russia Unita” continuerà
a controllare il Parlamento, magari con qualche alleanza di comodo, che sicuramente
si troverà. Però le difficoltà dell’economia russa e quindi le difficoltà di Putin
nel riproporsi al Cremlino - cosa che avverrà il 4 marzo, quando sarà sicuramente
rieletto presidente - sono abbastanza significative.
D. - Dunque una
Russia che si presenta a questo voto, di fronte alla Comunità internazionale, senza
nessun cambiamento anche nella prossima politica estera?
R. - La politica
estera della Russia è piuttosto obbligata, perché è una strana congiunzione di politica
interna e politica estera: ovvero difendere la proprietà statale delle risorse energetiche
che sono quelle che poi in politica estera permettono alla Russia di far la voce grossa
in qualche caso e comunque di mantenere la propria stabilità economica. Tutto ruota
intorno a quello. Diciamo: per fortuna della Russia ma anche purtroppo perché - come
abbiamo visto proprio in questa crisi - le risorse energetiche sono naturalmente una
leva ottima a patto che l’economia dei Paesi acquirenti - per esempio dei Paesi europei
- tiri, sia forte, cresca. Quando l’economia dei Paesi acquirenti non cresce e addirittura
cala, come nel caso dell’Europa, allora la Russia patisce molto più degli altri.
D.
- Torniamo sul piano interno: è vero che c’è un calo, comunque, della fiducia nei
confronti di Putin e Medvedev? E’ significativo questo calo davvero?
R.
- Credo che sia significativo soprattutto perché se noi andiamo a vedere in relazione
alla situazione economica, le sfide cui deve rispondere Putin e il suo partito “Russia
Unita” sono oggi sostanzialmente quelle grosso modo di 10 anni fa e ovvero: come inserire
la Russia nel circuito dell’economia globale? La Russia, purtroppo, al di fuori di
gas, petrolio e materie prime - come, per esempio, il nichel - non ha una posizione
da leader praticamente in nessun campo. Quindi subisce fortemente l’offensiva delle
merci altrui e di fatto anche in questi anni di crisi, le importazioni della Russia
sono cresciute: senza poter, quando c’è la crisi economica, riuscire a vendere il
petrolio e il gas come prima, ai prezzi di prima e quindi a guadagnare. Questa sfida
era così 10 anni fa e sostanzialmente è inalterata anche oggi. Naturalmente con la
crisi i russi hanno cominciato a vivere un pochino peggio di qualche anno prima e
questo non può non riflettersi sul rating e sul gradimento del partito di potere e
dello stesso Putin.
D. - Vent’anni fa il crollo dell’Unione Sovietica;
adesso Mosca favoleggia una Unione euroasiatica: una prospettiva concreta?
R.
- Secondo me è abbastanza concreta, perché in questo Putin è stato piuttosto abile
in tutta la sua parabola politica: Putin ha lavorato moltissimo per blindare il sistema
energetico russo e in particolare gas e petrolio. Se noi guardiamo quello che è riuscito
a fare, mettendo di nuovo sotto tutela l’Ucraina, mettendo praticamente sottotutela
la Bielorussia e quindi garantendo tutti i gasdotti che dalla Russia vanno verso Occidente;
se vediamo l’accordo che ha fatto con la Germania per il gasdotto che passa sotto
il Mar Baltico, tagliando così fuori i Paesi Baltici; se guardiamo la partecipazione
strategica della Russia nel gasdotto South Stream, insieme con l’Italia;
se guardiamo al progetto di unione doganale che sta varando insieme con Bielorussia
e Kazakhstan - altro grande Paese produttore, estrattore ed esportare di gas - possiamo
vedere come da questo punto di vista Putin ha ottenuto risultati piuttosto notevoli.
Di fatto la Russia oggi è l’anello decisivo nella catena che porta le risorse energetiche
da Est verso Ovest, dai Paesi produttori verso i Paesi consumatori. (mg)