Isaia e l’Avvento: in un libro, il cammino possibile di riflessione oggi
Attraverso il libro di Isaia, l’Avvento può diventare il tempo liturgico per porre
lo sguardo sulla seconda venuta del Signore. Il primo dei Libri profetici, mentre
fonda la speranza sulla realizzazione del progetto di Dio, ci costringe a riflettere
sui nostri tempi segnati da ingiustizie e tradimenti di quel progetto. E’ la tesi
del volume intitolato ‘Una speranza di giustizia e di pace - Ogni giorno di Avvento
con Isaia’, scritto dalle teologhe Serena Noceti e Nadia Toschi e pubblicato dalle
edizioni Messaggero di Sant’Antonio. Ma che spunti può dare la lettura di Isaia in
questo tempo liturgico? Fabio Colagrande l’ha chiesto a Serena Noceti,
vicepresidente dell’Associazione teologica italiana:
R. – Soprattutto
pensando al fatto che l’Avvento non è soltanto il momento nel quale facciamo memoria
della prima venuta di Gesù nella carne, come di solito pensiamo; ma celebrare l’Avvento
vuol dire porre lo sguardo sulla seconda venuta del Signore, quella che porterà a
compimento la storia. Ed ecco, mi sembra che il libro di Isaia abbia proprio questa
capacità: di porre il nostro sguardo sul compimento ultimo, e quindi rinviarci a quella
dimensione escatologica della vita cristiana e della Chiesa. In questo senso, direi
che è un libro di denuncia e di speranza proprio nella correlazione fra questi due
aspetti, perché è un libro che più di ogni altro ci aiuta a comprendere dove il Signore
sta portando la storia e, allo stesso tempo, a vivere la storia umana nella logica
di un “frattempo” tra il “già” della prima venuta del Signore e – noi lo leggiamo
oggi come cristiani – il compimento ultimo del Regno. Quindi, in questo senso direi
che è proprio un testo che, nel momento in cui fonda la speranza sulla base della
Parola della promessa di Dio, contemporaneamente ci aiuta a leggere con estrema lucidità
questo “frattempo” storico che è segnato, invece, da ingiustizie, tradimenti di questo
sogno di Dio, esperienze di conflitti, esperienza di alienazione che segna davvero
la vita di milioni di persone, di popoli, di genti.
D. – In queste meditazioni
sembra che l’Avvento diventi un tempo per riflettere sulla dimensione sociale e politica
della fede cristiana: in che modo?
R. – In fondo, Isaia è uno dei profeti
che più ci educa al senso del “noi”, del bene comune, del riconoscerci parte del popolo,
del popolo di Dio, responsabili in pieno di questo soggetto che appunto è il popolo
di Dio, e partecipi in pieno della vita dell’umanità che il Libro di Isaia porta con
sé. E direi che ci porta a considerare l’esperienza di fede in una profonda interazione
tra la dimensione personale e la dimensione sociale. Quindi, in questo senso se è
vero che spesso pensiamo il tempo d’Avvento come un tempo forte nel quale orientare
i nostri passi verso una conversione – c’è un cambiamento di mentalità e quindi un
cambiamento di scelte – non dobbiamo dimenticare che la conversione cui Isaia ci porta
non è solo una conversione che attiene alla dimensione individuale, interiore; ma
è necessariamente una conversione, un cambiamento di mentalità che guarda alla rete
delle relazioni sociali di cui siamo parte, e quindi ci spinge ad un cambiamento di
comportamenti che non può non relazionarsi alla giustizia e alla pace in un senso
più ampio e più profondo, e anche più concreto. (gf)