La crisi in Italia: le preoccupazioni delle associazioni familiari
In vista delle misure anticrisi che il governo italiano dovrà adottare, c’è molta
preoccupazione tra le associazioni familiari. Si teme che le famiglie, già in grande
affanno in questo periodo, non siano sufficientemente prese in considerazione. Luca
Collodi ne ha parlato con il sociologo Pierpaolo Donati, direttore dell’Osservatorio
nazionale sulla famiglia:
R. - E' evidente
che c’è questa preoccupazione. Naturalmente si tratta di sperare che il presidente
Monti possa considerare la famiglia. Teniamo conto che nel luglio scorso l’Osservatorio
nazionale per la famiglia ha presentato un piano nazionale per la famiglia al governo
e si spera che a questo piano venga data continuità.
D. – Per la famiglia
al momento non c’è né un sottosegretario, né una delega…
R. – Infatti.
La delega sulla famiglia non esiste e c’è grande preoccupazione perché potrebbe essere
un segnale di dimenticanza vera e propria, nel senso che non c’è alcuna attenzione.
Io mi auguro che la cultura, anche politica, di questo governo non sia una politica
tutta centrata sullo Stato e il mercato, dimenticando le famiglie come un operatore
sociale. Io credo sia essenziale considerare la famiglia non come un soggetto che
chiede la carità, che chiede benefici particolari, ma come fattore di equità sociale.
Quando giustamente il presidente Monti dice “dobbiamo fare una manovra di equità sociale”
non si tratta solo di considerare chi ha di più e chi ha di meno, tassare in base
alle ricchezze degli individui oppure dei patrimoni in generale, ma si tratta di considerare
il fattore famiglia. Anche la riforma delle pensioni, se non tiene conto della composizione
famigliare, rischia di creare grandi o grandissime ingiustizie.
D. –
Perché la politica fa spesso fatica a vedere nella famiglia una realtà che favorisce
la coesione sociale, l’unità del Paese, lo sviluppo del Paese?
R. -
Perché tutta la cultura politica e anche economica è basata sull’individualismo, cioè
a dire: l’individuo è il referente dello Stato. Questo rimonta alla cultura moderna
della cittadinanza per cui il cittadino è solo l’individuo e la famiglia non ha un
diritto di cittadinanza in quanto famiglia, cioè in quanto soggetto sociale. I nostri
costituenti nell’articolo 29, 30, 31 della Costituzione avevano previsto questo: avevano
previsto i diritti della famiglia come soggetto sociale in base al numero delle persone,
ai carichi famigliari, al numero dei figli, al fatto che ci fossero degli anziani
da curare non autosufficienti… Ora, è strano che dopo 60 anni di Costituzione questi
articoli e questo principio dei diritti di cittadinanza della famiglia siano completamente
ignorati.
D. - L'annunciata riforma del fisco può rappresentare per
il governo un banco di prova per varare politiche familiari più giuste?
R.
- Assolutamente sì. Noi come Osservatorio nazionale sulla famiglia abbiamo proposto
il “fattore famiglia” proprio come perno della riforma fiscale. Il “fattore famiglia”
è stato peraltro approvato e ha trovato i consensi anche dei sindacati, della Confindustria
e di tutte le realtà che sono presenti nell’assemblea dell’Osservatorio nazionale
sulla famiglia. Il “fattore famiglia” significa modulare tutto il sistema fiscale
in base ai carichi famigliari e quindi non considerare solamente il trattamento fiscale
degli individui ma considerare che il peso della tassazione, delle imposizioni tributarie
sulle persone, dipende dai carichi famigliari che le persone hanno. (bf)