Giornata per l'abolizione della schiavitù: un fenomeno ancora diffuso nel mondo
“Milioni di esseri umani vivono ancora in condizioni di degrado e disumanità abissali.”.
E’ la denuncia che il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, lancia
attraverso un messaggio in occasione dell’odierna Giornata internazionale per l’abolizione
della schiavitù. Ban Ki-moon sottolinea le differenti forme di schiavitù “moderne”
come il lavoro forzato, la tratta di esseri umani, il traffico di organi, i matrimoni
forzati, il reclutamento di bambini soldato. Il 2 dicembre, richiama la data dell’adozione,
da parte dell’Assemblea Generale, della Convenzione Onu del 1949 sulla soppressione
del traffico di persone e sullo sfruttamento della prostituzione. Al microfono di
Lev Sordi, la riflessione di Mauro Palma presidente del Comitato Europeo
per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti:
R. – Il fatto
stesso che si celebri la Giornata da un lato è un segnale di consapevolezza, da un
altro lato è un monito per noi, perché è segno che questo problema è un problema ancora
esistente. E non è esistente solo in alcune regioni del pianeta: purtroppo è esistente
anche nelle nostre aree, nella nostra situazione, perlomeno sotto due aspetti: la
schiavitù connessa a problemi di prostituzione, e dall’altro lato è invece anche nostrano
– date le condizioni di lavoro servile che si sono reintrodotte, sempre a partire
dai migranti, in alcune zone, in alcuni periodi stagionali penso alla raccolta del
pomodoro, in cui le persone hanno ormai condizioni di lavoro e situazioni di controllo
dei propri movimenti che riecheggiano questo termine della schiavitù.
D.
– Quali sono gli organi internazionali e nazionali che garantiscono la difesa dalle
forme di schiavitù?
R. – Innanzitutto, dobbiamo tenere presente che
essendo la schiavitù bandita dalle Dichiarazioni e dai Trattati internazionali, poi
agiscono le Convenzioni a livello regionale. In ambito europeo, la Convenzione europea
per i diritti dell’uomo recita, appunto, all’articolo 4 il divieto di schiavitù. E
l’articolo 4, al pari dell’articolo sul divieto di tortura, è uno degli articoli inderogabili.
Il problema, però, è che questi organi sono sempre organi di tipo reattivo, nel senso
che reagiscono a denuncia ricevuta.
D. – Che cosa si potrebbe fare di
più?
R. – Dovremmo iniziare a pensare a organi di controllo di tipo
preventivo; stabilire un monitoraggio continuo nei nostri Paesi occidentali, rispetto
alle forme di lavoro e offrire la possibilità di sostegno legale alle persone, per
non lasciarle sole. Dovremmo dare a queste forme degli strumenti di denuncia agli
organi sovrannazionali in maniera tale che si possa agire non soltanto attendendo
la denuncia della persona schiavizzata, ma anche agire direttamente. (gf)