Ancora repressioni in Siria: solo ieri 16 morti. Sanzioni da Turchia e Libano
Ancora sangue in Siria. Solo ieri, almeno 16 persone sono state uccise dalle forze
di sicurezza nel nord e nel centro del Paese. Lo hanno riferito i Comitati di coordinamento
locale. Sei hanno perso la vita a Homs, due ad Hama e otto nella provincia settentrionale
di Idleb, dove c'è stata anche un’intensa sparatoria tra le forze di sicurezza e un
gruppo di disertori. Tutto questo, nonostante gli avvertimenti diplomatici e l’inasprimento
delle sanzioni da parte della comunità internazionale. Ieri sono avviate pure quelle
della Turchia. Il servizio di Marina Calculli:
A Marcella
Emiliani, esperta di questioni mediorientali, Stefano Leszczynski ha chiesto se queste
nuove sanzioni segnino una fine imminente del regime di Basher al Assad:
R. - Naturalmente,
è un’illusione del regime turco credere che Assad sia arrivato al capolinea. La Turchia
è il Paese che si è trovato ad accogliere più di diecimila rifugiati siriani e quindi,
evidentemente, si sente un Paese “di frontiera”, uno dei più implicati nel possibile
caos che potrebbe aumentare con la crisi siriana. L’adesione della Turchia alle sanzioni
internazionali rappresenta quindi il tentativo di premere su Assad perché arrivi a
un dialogo con il Consiglio nazionale siriano, cioè con l’opposizione. Assad, però,
da quest’orecchio non intende ascoltare nessuno.
D. - Il governo di Damasco
è veramente isolato da un punto di vista internazionale. Nonostante questo, però,
il governo non cede. Su chi può contare Assad?
R. - A livello internazionale,
Assad si regge sull’aperta disponibilità della Russia a dare appoggio al regime. E’
proprio dell’altro giorno il pronunciamento del ministro degli Esteri russo, che ha
invitato la comunità internazionale a non lanciare più ultimatum a Damasco. La Cina,
anche se più ondivaga, in genere appoggia queste iniziative russe: non schierarsi
cioè apertamente al fianco del regime di Damasco, ma neanche isolarlo completamente.
Questo isolamento, comunque, ha ancora delle valvole di sfogo.
D. - Anche l’opposizione
sembra piuttosto compatta e combattiva all’interno della Siria. Inoltre, inizia adessere
un’opposizione armata con un forte sostegno esterno…
R. - C’è stata una notevole
diserzione all’interno dell’esercito e non delle forze di sicurezza. Sono proprio
le forze di sicurezza a tenere in piedi il regime, e sono sempre state quelle su cui
la famiglia Assad ha puntato, tenendo invece l’esercito con scarsità di mezzi e con
una presenza molto ridotta nei gangli del potere. C’è poi un altro pericolo, che risulta
essere la vera “bomba ad orologeria”: in questo momento, la questione più importante
è proprio quella della minoranza alawita. E’ la stessa minoranza da cui proviene il
presidente, che conta circa il 12 per cento della popolazione e che rischia di essere
identificata come responsabile di tutte le nefandezze compiute dal regime. Si è perciò
già innescato un seme di guerra civile, che potrebbe far saltare in aria la convivenza
tra maggioranza sunnita e le varie minoranze, non solo quella alawita. (vv)