Sbarchi di immigrati nel Salento. Don Tarantino: servono leggi strutturali non di
emergenza
Nuovo sbarco nella notte in Puglia, dopo il tragico naufragio avvenuto tra sabato
e domenica davanti alle coste brindisine e costato la vita a tre immigrati asiatici.
I nuovi arrivi invece, 200 circa, sono nella provincia di Lecce, tra Porto Badisco
e Santa Cesarea Terme. Erano a bordo di un’imbarcazione a motore, lunga una ventina
di metri, che si è infranta ad alta velocità contro gli scogli. Una donna con i suoi
due bambini è stata trasferita nell'ospedale di Scorrano, mentre gli altri immigrati,
tra cui una decina di minori, sono ora nel Centro di prima accoglienza “Don Tonino
Bello” di Otranto. La struttura, gestita dal Comune, è stata riaperta da un anno ed
è il primo luogo che gli immigrati vedono dopo ore di viaggio. Ad assisterli nel Centro
c’è la Caritas diretta da don Maurizio Tarantino. Gabriella Ceraso lo
ha intervistato:
R. – Il Centro
“Don Tonino Bello” serve davvero come luogo di primissima accoglienza: le persone
rimangono meno di 24 ore, perché poi sono smistate negli altri centri di accoglienza
d’Italia. Rimane misterioso il luogo di partenza: se la Grecia o la Turchia. Queste
persone sono afghani, iracheni, iraniani, palestinesi e il loro sogno è quello, comunque,
di lasciare l’Italia per altri Paesi europei. Questo non sempre, purtroppo, può accadere...
Rimane ancora molto farraginosa, per esempio, la richiesta del permesso di soggiorno
per motivi umanitari e il diritto di asilo. Le Commissioni si pronunciano con tempi
veramente biblici.
D. – La situazione nel Salento sembra tornata in
primo piano da quando non si parla più di Lampedusa: voi come la vivete? Siamo a un
peggioramento della situazione o è sempre la stessa, solo che non se ne parla...
R.
– Il problema è sempre un problema d’informazione: di fatto, gli sbarchi nel Salento
non sono mai terminati, forse quantitativamente non sono stati eccessivi. Purtroppo,
anche da un punto di vista legislativo, il problema viene affrontato sempre e soltanto
come fosse un'emergenza, mentre invece andrebbe vissuto e pensato come un fenomeno
strutturale. Anche rispetto al territorio, credo che la gente si stia rendendo conto
che non si tratta più di dare un aiuto alla persona sbarcata, quanto piuttosto organizzare
un territorio che preveda la presenza di immigrati.
D. – "Migrantes"
ha ipotizzato che potrebbe essere utile creare canali protetti per le barche: in Salento
questo potrebbe funzionare?
R. – Penso di sì, ma sulla base di accordi
con la Turchia, con la Grecia e anche con l’Albania.
D. – Riguardo invece
alla discussione che in questi giorni si sta facendo viva, secondo il Ministero degli
interni probabilmente ci sarà addirittura per l’anno prossimo un blocco del decreto
flussi. Questo contrasta con chi, invece, chiede di aumentare le quote soprattutto
per i Paesi in difficoltà, come quelli del Mediterraneo. Secondo lei, il problema
è che poi gli immigrati non possono trovare lavoro in Italia?
R. – Pensare
che noi possiamo bloccare il fenomeno immigratorio, credo sia davvero una visione
antistorica: in Italia, gli immigrati il lavoro lo trovano. Queste persone un lavoro
già lo fanno... Dobbiamo veramente uscire dalla logica che gli immigrati tolgano il
lavoro: i dati dicono che questo non è assolutamente vero. (mg)