2011-11-29 14:30:36

Lussemburgo: chiuso l'incontro del Consiglio d'Europa su religioni, dialogo e culture


Prosegue la conferenza sulla “dimensione religiosa del dialogo interculturale” voluta dal Consiglio d'Europa, che ha riunito ieri e oggi a Lussemburgo esponenti di diverse religioni insieme con esperti di scambi culturali e rappresentanti di media. La nostra inviata, Fausta Speranza, ha parlato con padre Laurent Mazas, delegato del Pontificio Consiglio per la Cultura alla cConferenza, circa il cammino che ha portato a una consapevolezza nuova dell'importanza delle religioni per il dialogo:RealAudioMP3

R. – Sì, questo è un lungo processo. Mi ricordo quando ho cominciato ad andare al Consiglio d’Europa, al Comitato del Direttivo della cultura, per la Santa Sede, e si parlava dell’urgenza del dialogo interculturale, interreligioso, della pace a rischio e così via. Dopo, abbiamo seguito un cammino per far capire che i religiosi possono nella società dialogare tra di loro, proprio per aiutare la società stessa a essere più giusta, nella pace e nella fratellanza. Un lungo processo, dunque, e adesso questo tipo di tavola rotonda manifesta la presa di coscienza che la religione non è una cosa a parte nella società, ma aiuta a sviluppare la coscienza del diritto, dei diritti umani e così via.

D. – In particolare, in questo momento, il dicastero per la cultura è impegnato con il cardinale Gianfranco Ravasi nel Cortile dei Gentili. Come si può inserire o, comunque, come possiamo riflettere su questa esperienza, alla luce della dimensione religiosa del dialogo interculturale?

R. – Noi vogliamo nel Cortile dei Gentili – contrariamente per esempio a quello che succede nei Paesi laici come la Francia, dove ognuno tace le sue convinzioni – che l’ateo sia veramente un ateo quando discute con un credente, che deve invece esserlo molto, e che il confronto fra questi due discorsi sia concepito in modo che tutti si incontrino, si prendano per la mano per affrontare le grandi sfide di oggi.

D. – C’è stato un momento in cui, in Europa, abbiamo sentito parlare molto di questo sforzo alla neutralità, sembrava anzi si potesse parlare solo mettendo da parte le questioni religiose. Invece, se non si ha identità, non si può parlare davvero con l’altro. Questo sta maturando anche nella coscienza generale?

R. – Sicuramente, oggi c’è la presa di coscienza che quando si incontra l’altro, si scopre l’altro nella sua ricchezza e se non siamo capaci di riconoscere una ricchezza non c’è un incontro con l’altro. Se noi cerchiamo soltanto il simile nell’altro, questo non fa crescere la pace.

D. – Uno slogan del Consiglio d’Europa è "Vivere insieme nella diversità“. Dal punto di vista della Chiesa cattolica, come proporremmo questo slogan?

R. – Nella creazione ci sono Adamo ed Eva: fin dall’inizio, quindi, esiste la diversità. Poi, subentra l’amore, che è capace di unire la gente nella diversità.

D. – E’ questo dunque, l'amore, il di più che la religione cattolica porta in questo discorso di vivere insieme nella diversità?

R. – L’amore e, profondamente, la questione del rispetto. Per esempio in questa tavola rotonda si parla del lavoro dei media ed è vero che si parla sempre della libertà di espressione. Se non c’è il rispetto dell’altro, dove andiamo? Si pensa non possa essere una cosa assoluta, invece lo è, perchè nell’altro c’è qualcosa che ci supera, una dimensione trascendente. Qualcuno qui ha parlato della presa di coscienza della responsabilità del giornalista. (ap)







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