2011-11-29 14:53:17

Clima, Vertice a Durban. L'esperto: Stati bloccati, sensibilizzare i cittadini


Secondo giorno di lavori a Durban, in Sudafrica, per le oltre 200 delegazioni presenti al 17.mo Congresso Onu sui cambiamenti climatici. Un appuntamento che rischia il fallimento, a causa delle contrapposizioni internazionali soprattutto sul prolungamento del Protocollo di Kyoto. Intanto, fanno impressione i primi dati emersi dalla conferenza: secondo l’Organizzazione Meteorologica delle Nazioni Unite, il 2011 ha chiuso un decennio che passerà alla storia come il più caldo dal 1850 ad oggi. A margine della conferenza, inoltre, l’organizzazione non governativa tedesca “Germanwatch” ha diffuso un rapporto da cui emerge che, negli ultimi 10 anni, 710 mila persone sono morte in conseguenza dei 14 mila disastri climatici che hanno afflitto il pianeta. Di sicuro c’è da correre ai ripari, attraverso nuovi modelli energetici. Ne è convinto Livio De Santoli, delegato per l’Energia dell’Università La Sapienza di Roma. L’intervista è di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

R. - Devo dire che il paradigma del modello energetico esistente è assolutamente da cambiare. Si può cambiare, perché le tecnologie esistenti lo possono permettere. Ci sono anche degli strumenti capaci di farlo: per esempio, il cosiddetto “Patto dei sindaci” della Comunità europea che assegna alle entità locali, ai comuni, la possibilità di preparare dei piani di azione, in un coinvolgimento vero con i cittadini. Permette il ribaltamento del sistema, che è attualmente centralizzato, regolato totalmente dai combustibili tradizionali fossili. E il passaggio prevede invece un adeguamento ad una energia pulita, con un uso coerente anche delle rinnovabili.

D. - Secondo lei, è più un problema politico o culturale? Perché molti parlano addirittura di una rivoluzione culturale di cui abbiamo bisogno, per cambiare le cose …

R. - Il problema è solamente culturale, perché nel momento in cui, parlando di energia, noi ci rivolgiamo al singolo cittadino che individualmente deve pensare non solo a consumare, ma anche a produrre energia, deve sapere come si produce l’energia. Quindi, è davvero un problema di informazione e di formazione. Di poter allineare la società al paradigma di Lisbona 2, per esempio: la società della conoscenza. La società della conoscenza, in campo energetico, in realtà non esiste.

D. - Nel 2009 c’è stato Copenhagen, nel 2010 Cancun, nel 2011, proprio in questi giorni, si sta svolgendo il summit di Durban in Sud Africa. Tutti e due i consessi precedenti sono falliti e anche Durban, se non si agisce presto e se non si cambiano le cose velocemente, potrebbe fallire. L’Italia, in particolare, come si presenta a quest’appuntamento?

R. - Diciamo che l’Italia si presenta non bene, nel senso che effettivamente gli strumenti che possono essere adoperati adesso, e di diverso segno rispetto al passato, ci sono ma vengono poco utilizzati. E se pensiamo di voler trovare un accordo internazionale che metta insieme Cina, Brasile, India con Stati Uniti, Canada e l’Europa, è impensabile. Allora, cosa bisogna fare? Bisogna "by-passare" gli Stati membri, i debiti sovrani, e rivolgersi ai singoli individui, alla società civile. Naturalmente, in una forma organizzata e consapevole. Per esempio: un Comune, soprattutto se di una grande città, può avere grande peso nella risoluzione di questo problema. Individuando in campo energetico delle azioni da qui a tre, quattro, cinque anni – perché questo è l’arco temporale – sulla scia di un modello di "generazione distribuita", che è un vero piano regolatore energetico di una città del futuro, già questa potrebbe risultare una risposta seria. Significa "stake-holders", significa cittadini, significa fare investimenti. Se poi, come dicevamo oggi, fosse possibile anche allargare un po’ le maglie di questi “patti di stabilità” che imbrigliano la libertà di azione, e fare degli investimenti nella “green economy”, questo potrebbe essere un altro aiuto. È da qui che bisogna ripartire. Ed è comunque un problema culturale. (fd)







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