Il Papa agli operatori della salute: Giovanni Paolo II modello della sofferenza vissuta
per amore di Dio e del mondo
Il Beato Giovanni Paolo II è stato un testimone assoluto di cosa significhi vivere
con “fede ferma” la sofferenza fisica “per amore di Dio, della Chiesa e del mondo”.
Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha ricevuto stamattina in Vaticano i circa 500
partecipanti alla 26.ma Conferenza internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio
per gli Operatori Sanitari, ispirata al magistero di Papa Wojtyla. Il servizio di
Alessandro De Carolis:
La forza
della debolezza. È questo che ha testimoniato Giovanni Paolo II negli ultimi anni
della vita, quando la lenta consunzione del suo fisico ha fatto gradualmente affiorare
la fibra potente del suo spirito. Quando il graduale smorzarsi della parola ha reso
comprensibile oltre ogni eloquenza il magistero della sofferenza vissuta in piena
identità alla fede cristiana. È questo “Vangelo della Vita” – come lo ha definito
Benedetto XVI – l’ultima, “preziosa eredità” lasciata da Giovanni Paolo II. E alla
sapienza di questo insegnamento il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
ha deciso di dedicare quest’anno la propria Conferenza internazionale, che ha visto
per la prima volta riuniti a Roma tutti i vescovi incaricati della pastorale della
salute. Il Papa ha rimarcato la novità, per poi accostarsi al delicato tema della
cura e dell’assistenza ai malati secondo la visione del Vangelo, che è quella che
scaturisce dalla sofferenza di Gesù sul Calvario:
“Il Volto del Salvatore
morente sulla croce, del Figlio consostanziale al Padre che soffre come uomo per noi,
ci insegna a custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in qualsiasi
condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni singolo essere umano,
creato a immagine e somiglianza di Dio e chiamato alla vita eterna”.
“Questa
visione del dolore e della sofferenza illuminata dalla morte e risurrezione di Cristo
ci è stata testimoniata – ha osservato il Papa – dal lento calvario, che ha segnato
gli ultimi anni di vita del Beato Giovanni Paolo II”:
“La fede ferma
e sicura ha pervaso la sua debolezza fisica, rendendo la sua malattia, vissuta per
amore di Dio, della Chiesa e del mondo, una concreta partecipazione al cammino di
Cristo fin sul Calvario. La sequela Christi non ha risparmiato al Beato Giovanni Paolo
II di prendere la propria croce ogni giorno fino alla fine, per essere come il suo
unico Maestro e Signore, che dalla Croce è diventato punto di attrazione e di salvezza
per l’umanità e ha manifestato la sua gloria”.
Ma non fu solo una
sensibilità maturata negli anni della malattia quella di Giovanni Paolo II verso gli
infermi. Prova ne è l’istituzione, avvenuta agli inizi del Pontificato, del dicastero
vaticano per la Salute, creato nel 1985, seguita più avanti dalla nascita della Fondazione
“Il Buon Samaritano”, destinata ai malati dei Paesi più poveri. Benedetto XVI ha ricordato
tutto ciò è ha aggiunto una riflessione ispirata alla Salvifici Doloris pubblicata
da Papa Wojtyla nel 1984, nelle cui parole brilla per intero la ragione cristiana
di fronte all’irragionevolezza dell’infermità e della sofferenza:
“Il
mistero del dolore sembra offuscare il volto di Dio, rendendolo quasi un estraneo
o, addirittura, additandolo quale responsabile del soffrire umano, ma gli occhi della
fede sono capaci di guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si
è fatto vicino all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato
la sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino alla
morte e alla morte di croce, Egli rivela che il suo amore scende anche nell’abisso
più profondo dell’uomo per dargli speranza”.