Benedetto XVI alla Caritas Italiana: la crisi economica chiede il coraggio della fraternità
Abbiamo bisogno di persone con “un cuore che vede”, ancor più in tempo di crisi: è
l’esortazione di Benedetto XVI, che stamani ha ricevuto nella Basilica Vaticana i
partecipanti all’incontro promosso dalla Caritas Italiana, nel suo 40.mo di fondazione.
Il Papa ha sottolineato l’importanza delle Caritas diocesane che rendono visibile
l’amore di Dio e della Chiesa verso i più bisognosi. Prima dell’udienza - sempre in
San Pietro, a cui hanno preso parte 12 mila fedeli - era stata celebrata una Messa
per l’occasione, presieduta dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco.
Nell’omelia, il presidente della Cei, ha affermato che, nelle emergenze come nella
vita quotidiana, le Caritas diocesane sono un riferimento sicuro per i cittadini.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
Siate “sentinelle”
del Vangelo, segno dell’amore di Dio verso il prossimo nel bisogno: è il messaggio
di esortazione e incoraggiamento che Benedetto XVI ha consegnato agli operatori Caritas
giunti da tutta Italia per celebrare 40 anni di attività. Il Pontefice ha ripreso
la sua prima Enciclica, “Deus Caritas est”, per ribadire l’esigenza di persone dotate
di “un cuore che vede”. Donne e uomini che non offrano solo il pane all’affamato,
ma si lascino anche “interpellare dalle cause per cui è affamato”. Un pensiero, ha
osservato, che va anche al vasto mondo della migrazione:
“La crisi
economica globale è un ulteriore segno dei tempi che chiede il coraggio della fraternità.
Il divario tra nord e sud del mondo e la lesione della dignità umana di tante persone,
richiamano ad una carità che sappia allargarsi a cerchi concentrici dai piccoli ai
grandi sistemi economici”.
“Il crescente disagio – ha rilevato
– l’indebolimento delle famiglie, l’incertezza della condizione giovanile indicano
il rischio di un calo di speranza”. Ed è questa sfiducia, ha avvertito, che le Caritas
sono chiamate a contrastare:
“L’umanità non necessita solo di benefattori,
ma anche di persone umili e concrete che, come Gesù, sappiano mettersi al fianco dei
fratelli condividendo un po’ della loro fatica. In una parola, l’umanità cerca segni
di speranza. La nostra fonte di speranza è nel Signore”.
Il Papa
ha messo così l’accento sul “compito educativo” a cui è chiamata la Chiesa e le Caritas
in particolare. E ha incoraggiato a “farsi prossimo” a chi “necessita di sentire il
calore di Dio attraverso le mani aperte e disponibili dei discepoli di Gesù”. Compito
ancor più urgente nel nostro tempo: “L’individualismo dei nostri giorni,
la presunta sufficienza della tecnica, il relativismo che influenza tutti, chiedono
di provocare persone e comunità verso forme alte di ascolto, verso capacità di apertura
dello sguardo e del cuore sulle necessità e sulle risorse, verso forme comunitarie
di discernimento sul modo di essere e di porsi in un mondo in profondo cambiamento”.
Si
tratta, ha evidenziato, di “assumere la responsabilità dell’educare alla vita buona
del Vangelo, che è tale solo se comprende in maniera organica la testimonianza della
carità”:
“Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché
l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della
vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità”.
Il
Papa ha tenuto a ribadire che l’umile e concreto “servizio che la Chiesa offre non
vuole sostituire, né tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile”. Piuttosto,
ha soggiunto, le si affianca con “spirito di sincera collaborazione, nella dovuta
autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà”. Il Papa ha concluso il suo
intervento con un’esortazione agli operatori Caritas ad essere segno della “carità
di Cristo, un segno che porti speranza”:
“Vivete la gratuità e aiutate
a viverla. Richiamate tutti all’essenzialità dell’amore che si fa servizio. Accompagnate
i fratelli più deboli. Animate le comunità cristiane. Dite al mondo la parola dell’amore
che viene da Dio. Ricercate la carità come sintesi di tutti i carismi dello Spirito”.