2011-11-24 14:20:54

Anglicani allarmati per i danni ambientali in Africa


DURBAN - «Benché i Paesi africani siano responsabili solo di una piccola parte delle emissioni nocive globali, con la nota eccezione del Sud Africa, nella regione australe del Continente la temperatura sta aumentando a un ritmo doppio rispetto al resto del pianeta», ha dichiarato Rachel Mash, coordinatrice per i problemi dell’ambiente degli anglicani del Sud Africa, in un comunicato dedicato ai danni apportati al Continente dai cambiamenti climatici. Questo sarà il principale tema discusso durante la diciassettesima Conference of Parties (Cop-17) a Durban, Sud Africa, che si terrà dal 28 novembre al 9 dicembre, e verrà organizzata dalla United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc).
Nel comunicato si invitano tutti i fedeli anglicani a pregare per il successo dei negoziati che si svolgeranno nell’ambito della Cop-17 e a sottoscrivere la petizione intitolata «We have a faith: Act now for climate justice» per spronare i rappresentanti mondiali ad agire in difesa dell’equilibrio nel creato.
Per Rachael Mash «nonostante i diciassette anni ormai trascorsi dall’inizio dei negoziati sulle misure da adottare per abbassare il livello di emissioni nocive, il pianeta si sta riscaldando tra i 2,5 e i 4 gradi centigradi, livelli ampiamente ritenuti in grado di provocare catastrofi naturali». Nel comunicato, la coordinatrice anglicana per l’ambiente mostra preoccupazione per i risultati della prossima Conferenza di Durban nel corso della quale si dovrà verificare il raggiungimento o meno dei traguardi previsti, nel periodo 2008 - 2012, dal Protocollo di Kyoto. Inoltre i partecipanti dovranno fare il punto sullo stato di avanzamento dei programmi decisi nella precedente riunione, organizzata dall’Unfccc a Cancún, in Messico, lo scorso anno (Cop-16).
Per la coordinatrice «è certamente opportuno che il prossimo vertice sull’ambiente sia stato programmato qui in Africa perché questo Continente è una delle zone del pianeta più colpite dalle conseguenze dei cambiamenti del clima: siccità, alluvioni, condizioni meteorologiche estreme, diminuzione delle riserve alimentari, migrazioni forzate, aumento dei conflitti sono ormai all’ordine del giorno». Tuttavia, per Rachel Mash sarà difficile raggiungere risultati concreti durante la Conferenza di Durban. «Non vi sono indicazioni positive — ha sottolineato — che i leader delle nazioni nel mondo siano ora seriamente impegnati a prendere provvedimenti per diminuire i livelli di emissioni nocive. Nel breve periodo, i temi legati alla crescita economica sono di ostacolo alle prospettive di sviluppo dell’umanità nel lungo termine».
Per la sessione d’apertura della Conferenza di Durban, domenica 27, è prevista una forte presenza di leader religiosi. Della delegazione degli anglicani del Sud Africa farà parte anche Desmond Tutu, arcivescovo emerito di Cape Town, al quale è stato assegnato il premio Nobel per la pace nel 1984. Sempre per il 27, gli anglicani hanno anche organizzato a Durban un grande raduno di massa dei loro fedeli per pregare per il successo dei negoziati sui cambiamenti climatici.
Nella petizione «We have a faith: Act now for climate justice», gli anglicani del Sud Africa invitano i partecipanti alla Conferenza a estendere maggiormente gli obbiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto per assicurare la sopravvivenza alle future generazioni. (L’Osservatore Romano)







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