Anglicani allarmati per i danni ambientali in Africa
DURBAN - «Benché i Paesi africani siano responsabili solo di una piccola parte delle
emissioni nocive globali, con la nota eccezione del Sud Africa, nella regione australe
del Continente la temperatura sta aumentando a un ritmo doppio rispetto al resto del
pianeta», ha dichiarato Rachel Mash, coordinatrice per i problemi dell’ambiente degli
anglicani del Sud Africa, in un comunicato dedicato ai danni apportati al Continente
dai cambiamenti climatici. Questo sarà il principale tema discusso durante la diciassettesima
Conference of Parties (Cop-17) a Durban, Sud Africa, che si terrà dal 28 novembre
al 9 dicembre, e verrà organizzata dalla United Nations Framework Convention on Climate
Change (Unfccc). Nel comunicato si invitano tutti i fedeli anglicani a pregare
per il successo dei negoziati che si svolgeranno nell’ambito della Cop-17 e a sottoscrivere
la petizione intitolata «We have a faith: Act now for climate justice» per spronare
i rappresentanti mondiali ad agire in difesa dell’equilibrio nel creato. Per Rachael
Mash «nonostante i diciassette anni ormai trascorsi dall’inizio dei negoziati sulle
misure da adottare per abbassare il livello di emissioni nocive, il pianeta si sta
riscaldando tra i 2,5 e i 4 gradi centigradi, livelli ampiamente ritenuti in grado
di provocare catastrofi naturali». Nel comunicato, la coordinatrice anglicana per
l’ambiente mostra preoccupazione per i risultati della prossima Conferenza di Durban
nel corso della quale si dovrà verificare il raggiungimento o meno dei traguardi previsti,
nel periodo 2008 - 2012, dal Protocollo di Kyoto. Inoltre i partecipanti dovranno
fare il punto sullo stato di avanzamento dei programmi decisi nella precedente riunione,
organizzata dall’Unfccc a Cancún, in Messico, lo scorso anno (Cop-16). Per la
coordinatrice «è certamente opportuno che il prossimo vertice sull’ambiente sia stato
programmato qui in Africa perché questo Continente è una delle zone del pianeta più
colpite dalle conseguenze dei cambiamenti del clima: siccità, alluvioni, condizioni
meteorologiche estreme, diminuzione delle riserve alimentari, migrazioni forzate,
aumento dei conflitti sono ormai all’ordine del giorno». Tuttavia, per Rachel Mash
sarà difficile raggiungere risultati concreti durante la Conferenza di Durban. «Non
vi sono indicazioni positive — ha sottolineato — che i leader delle nazioni nel mondo
siano ora seriamente impegnati a prendere provvedimenti per diminuire i livelli di
emissioni nocive. Nel breve periodo, i temi legati alla crescita economica sono di
ostacolo alle prospettive di sviluppo dell’umanità nel lungo termine». Per la sessione
d’apertura della Conferenza di Durban, domenica 27, è prevista una forte presenza
di leader religiosi. Della delegazione degli anglicani del Sud Africa farà parte anche
Desmond Tutu, arcivescovo emerito di Cape Town, al quale è stato assegnato il premio
Nobel per la pace nel 1984. Sempre per il 27, gli anglicani hanno anche organizzato
a Durban un grande raduno di massa dei loro fedeli per pregare per il successo dei
negoziati sui cambiamenti climatici. Nella petizione «We have a faith: Act now
for climate justice», gli anglicani del Sud Africa invitano i partecipanti alla Conferenza
a estendere maggiormente gli obbiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto per assicurare
la sopravvivenza alle future generazioni. (L’Osservatore Romano)