Teheran risponderà presto alla denuncia dell'Aiea sulla capacità iraniana di produrre
armi nucleari
La crisi nucleare iraniana continua a preoccupare la comunità internazionale, soprattutto
dopo il recente Rapporto dell’Aiea, l’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, che
evidenzia la capacità di Teheran di dotarsi di armi nucleari. La Repubblica islamica
ha fatto sapere che fornirà all’Aiea una risposta dettagliata al Rapporto. Ma perché
il documento ha suscitato reazioni così severe, dato che da tempo si parla della possibilità
dell’Iran di progredire nel campo degli armamenti non convenzionali? Francesca
Baronio ne ha parlato con Karim Sadjadpour, consulente sull'Iran della
Casa Bianca, intervistato a Washington:
R. – Probably,
it has to do with the change in leadership at the IAEA… Probabilmente, molto
è legato al cambio di leadership dell’Aiea. El Baradey, il precedente direttore generale,
credeva fortemente che parte del suo compito fosse evitare una guerra fra Stati Uniti
e Iran. Le sue relazioni sull’Iran erano, quindi, sempre scritte in modo da evidenziare
il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto. Il nuovo direttore generale dell’Aiea,
il diplomatico giapponese Amano, non avverte la medesima responsabilità. Ecco perché
per la prima volta l’Agenzia ha detto in modo esplicito che l’Iran non sta solo lavorando
ad un programma energetico, ma anche alla bomba nucleare. Si tratta di una cosa che
sia l’Europa, sia gli Stati Uniti, sapevano già da tempo, ma il fatto che sia stata
ufficializzata dall’Aiea è un fatto importante.
D. – Nonostante
la teoria “obamiana” della mano tesa, non c’è stata alcuna risposta positiva dall’Iran.
Così gli Stati Uniti sono tornati a perseguire la strada della pressione internazionale
e delle sanzioni, di fatto ripercorrendo le politiche di Bush... R. – Well,
Obama made more of an effort than any Us president since …Obama ha fatto uno
sforzo grande. Lo sforzo più grande fatto da un presidente americano dalla rivoluzione
islamica del 1979, per cercare di guadagnarsi la fiducia del governo iraniano, per
cercare una soluzione diplomatica. Il fatto che Obama abbia giocato la carta della
diplomazia, ma abbia fallito, ricevendo una risposta negativa dall’Iran, ha rinforzato
la coalizione internazionale. Tre o quattro anni fa gli europei, i russi o i cinesi
si lamentavano della mancanza di sforzi da parte dell’amministrazione americana nel
riallacciare i rapporti con l’Iran. Adesso, invece, c’è il riconoscimento degli sforzi
che gli Stati Uniti hanno compiuto. La sensazione ora è che la maggior parte dell’opinione
pubblica sia d’accordo sul fatto che l’origine della disputa sia a questo punto più
a Teheran che a Washington.
D. – Non più tardi di qualche giorno fa,
Londra non escludeva la possibilità di un intervento militare. Si avvicina l’opzione
di un operazione chirurgica su alcuni siti nucleari iraniani? R. – Well,
with regard to a Us military attack on Iran, …Riguardo a un attacco degli Stati
Uniti all’Iran mi sento di escluderlo. Al momento, qualsiasi politico americano ha
spostato il focus dalla politica estera a quella interna. Non sono più l’Iran e l’Afghanistan
il centro dell’attenzione. Il problema adesso è rivitalizzare l’economia e ridurre
la presenza in Medio Oriente. E’ evidente che un attacco militare, seppur molto mirato,
farebbe fallire entrambi gli obiettivi, portando alle stelle il prezzo del petrolio,
con conseguenze gravi per l’economia americana e mondiale. Da parte sua, Israele vorrebbe
che gli Stati Uniti agissero, ma posso dire che l’obiettivo della Casa Bianca non
è la strategia militare, ma una coesione internazionale che cerchi di ritardare il
più possibile la realizzazione di una testate nucleari iraniane.