Siria sempre più isolata. Monito della Turchia contro Damasco
La Siria del presidente Basher al Assad sempre più isolata sul piano internazionale
in seguito alla repressione in atto nel Paese. Dopo la sospensione dalla Lega Araba,
la cui ratifica è attesa oggi in Marocco, si inaspriscono sempre più le relazioni
con i Paesi confinanti come la Turchia e la Giordania. Il servizio di Stefano Leszczynski.
Il pericolo
che la crisi siriana possa assumere un aspetto sempre più violento all’interno del
Paese si è fatto ancora più concreto dopo l’attacco lanciato stamani da un gruppo
di militari disertori contro un centro di intelligence alle porte di Damasco. Un’azione
che è coincisa con l’annuncio della nascita di un Consiglio militare provvisorio dell’esercito
siriano libero (Esl), formato da soldati che si sono uniti ai manifestanti anti-regime
e comandata da un colonnello rifugiato in Turchia. E proprio il ministro degli Esteri
turco ha puntato il dito, da Rabat in Marocco dove si svolge il vertice della Lega
Araba, contro il regime di Damasco sostenendo che la Siria ''pagherà a caro prezzo''
la repressione in corso nel Paese proseguita nonostante il piano di pace elaborato
dall’organizzazione panaraba il 2 novembre scorso. In risposta al crescente isolamento
internazionale la Siria ha provveduto a minare il confine con la vicina Giordania
per impedire ai propri cittadini di fuggire nel regno hascemita. Intanto, anche dagli
Stati Uniti è giunta l’esortazione ai 22 membri della Lega Araba ad adottare misure
forti contro il presidente al Assad. Sulle pressioni che piovono sulla Siria dal mondo
arabo sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di storia delle relazioni
internazionali all’Università di Firenze.
R. - E’ un segnale forte perché
viene da tutto il mondo arabo, compresi i Paesi che non vogliono che a casa loro accada
nulla di simile, però da un punto di vista pratico conta meno perché i soggetti che
possono veramente interferire nella questione non sono i Paesi arabi.
D.
– A questo punto le strategie nell’area come si stanno risolvendo?
R.
– Il Paese più importante è sicuramente la Turchia che fornisce beni e servizi, anche
l’elettricità, che minaccia di tagliare, e soprattutto fornisce merci e ne riceve.
Forse ancora più importante però è un Paese molto lontano dalla regione, cioè la Russia:
per la Russia la Siria è importantissima perché - dopo la fine del regime di Gheddafi
dove la Russia conservava il diritto di accedere ai porti - il porto di Tartous, in
Siria, è l’unico porto del Mediterraneo aperto alla flotta russa se non vogliono tornare
per ogni necessità nel Mar Nero.
D. - Tutto questo rischia di sfociare
in un inasprimento interno alla Siria, cioè rischia alla fine di provocare una guerra
civile all’interno della Siria?
R. – Rischia soprattutto di provocare
questi continui massacri settimana dopo settimana e rischia di prolungarsi finché
il fronte interno degli oppositori non troverà la forza di portare a sé quelle unità
dell’esercito che sono veramente determinanti come le unità corazzate o altre armi
pesanti che sono le uniche in grado di fare la differenza, perché non saranno né i
fucili né qualche occasionale missile a mandare via Assad con gli appoggi che ha ora.
D.
– Possiamo dire che guardando la situazione siriana forse ci troviamo di fronte alla
peggiore crisi di quelle cui abbiamo assistito fino ad adesso nel Mediterraneo?
R.
– Assolutamente sì. La Siria è veramente un Paese complicato e per dare un elemento
della sua complicazione c’è il paradosso di un Paese nemico come Israele che sostiene,
sia pure indirettamente, Assad, perché teme qualunque situazione nuova.