Mons. Tomasi all'Onu di Ginevra: bombe a grappolo grave piaga, inaccettabile indebolire
il diritto umanitario
È inaccettabile assistere impotenti alla morte di persone uccise dalle cosiddette
bombe a grappolo, come lo è il rischio di indebolire le norme del diritto umanitario
erette a tutela dei civili. Lo ha detto l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore
della Santa Sede all’Onu di Ginevra, intervenendo ieri alla quarta Conferenza per
la revisione o la limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali considerate dannose
o dagli effetti discriminanti. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
È delusa
la Santa Sede per il nuovo atteggiamento che si sta profilando sul tema dell’eliminazione
di quei terribili ordigni che vanno sotto il nome di “bombe a grappolo”. A esprimere
il dissenso della delegazione vaticana davanti ai colleghi dell’Onu è stato mons.
Silvano Maria Tomasi con un discorso dai toni molto fermi. Il rappresentante vaticano
ha anzitutto osservato con rammarico come – nonostante i pur notevoli “passi positivi”
compiuti dall’organismo Onu per rendere “più produttivi” gli effetti del suo lavoro
a livello mondiale – non sia ancora stato raggiunto un accordo “su tipi di mine diverse
dalle mine antipersona”, sul quale invece continua a registrarsi fra gli Stati “l’assenza
di un consenso sul tema”. Eppure, le positive ricadute avute ad esempio con l’adozione
del terzo Protocollo sulle armi incendiarie – nonostante anche qui il percorso di
revisione e miglioramento non sia certo concluso – dovrebbero far riflettere, è stata
la considerazione del presule, sull’importanza di “rafforzare la protezione dei civili”
da questa e altre categorie di armi.
Entrando quindi nel merito del
contrasto delle bombe a grappolo, mons. Tomasi, ha constatato che negli ultimi cinque
anni la Conferenza di Ginevra ha dedicato “gran parte degli sforzi, del tempo e delle
risorse finanziarie nel rispondere ai rischi umanitari causati da queste armi”. Già
nel 2006, ha ricordato il presule, “la Santa Sede, con cinque altri partner, aveva
presentato un documento per chiedere l'adozione di un mandato negoziale per un nuovo
protocollo sulle munizioni a grappolo”. Purtroppo, ha rilevato l’esponente pontificio,
“questo non è stato accettato da un certo numero di delegazioni”, il che ha indotto
la Santa Sede a mobilitarsi per ricercare al di fuori della Convenzione “una soluzione
umanitaria soddisfacente”. Ciò perché, ha chiarito mons. Tomasi, “non era più accettabile
vedere aumentare il numero delle vittime" e osservare le aree infestate dagli ordigni
"escluse dalla maggior parte delle attività economiche di base”.
Mons.
Tomasi ha quindi denunciato quello che a giudizio della Santa Sede è ora un tentativo
di “indebolimento” del diritto internazionale sul tema, che rischia di “screditare”
l’impianto generale della Convenzione. La “linea rossa” sostenuta dal Vaticano resta
quella del “diritto internazionale umanitario già in vigore”: indebolirlo – ha osservato
– sarebbe "un tradimento delle aspirazioni dei popoli a ridurre l'impatto dei conflitti
armati e sarebbe anche in contrasto con gli obiettivi” della stessa Conferenza di
Ginevra. Per questo, mons. Tomasi ha definito deludente il testo sulle munizioni a
grappolo presentato in esame da un gruppo di esperti, aggiungendo che la sua eventuale
adozione “costituirebbe un precedente inaccettabile”. “In una situazione di instabilità
internazionale e in un mondo incerto – ha soggiunto – il diritto internazionale umanitario
resta una misura di sicurezza indispensabile” che non può rischiare di “essere indebolita”.
E la responsabilità della Conferenza Onu nel proteggere le popolazioni civili, ha
concluso, "si basa sulla sua capacità di rispettare le disposizioni del diritto umanitario
internazionale" e anche di favorire il "loro rafforzamento”.