L’Africa nel cuore della Chiesa: venerdì, Benedetto XVI in Benin per il suo 22.mo
viaggio apostolico
Il Benin attende con trepidazione il Papa, che venerdì prossimo si recherà nel Paese
africano in occasione della firma e pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale
Africae Munus. Il 22.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI
sarà inoltre l’evento culminante delle celebrazioni per il 150.mo anniversario di
evangelizzazione del Benin. Una delle tappe della visita sarà il seminario di Ouidah,
dove il Papa renderà omaggio alla tomba del cardinale Bernardin Gantin, figura storica
per il Benin e per tutta l’Africa. Al microfono del nostro inviato Massimiliano
Menichetti, ascoltiamo padre Damiano Angelucci, responsabile della comunità
dei Frati minori cappuccini di Ouidah:
R. - Abbiamo
tre conventi, due al sud e uno al nord. Siamo in Benin dall’ottobre 1987, quindi da
24 anni. La nostra presenza è stata chiesta dal vescovo di Cotonou. Oltre a impiantare
l’Ordine cappuccino in Benin, collaboriamo fattivamente con la Chiesa locale per evangelizzazione,
aiutare i bambini in difficoltà o abbandonati… Insomma siamo attivi sulle frontiere
che sono tipiche del carisma cappuccino: quello cioè di andare incontro alle fasce
più povere.
D. - Padre Damiano, il Benin è uno dei Paesi più poveri
dell’Africa: qual è la sua ricchezza?
R. - Le risorse naturali più importanti
sono il sole e l’acqua. Il Benin è un Paese estremamente povero, ma - d’altro canto
- ha un grande vantaggio, che è la principale risorsa economica: la pace. Il Benin
non conosce guerre da moltissimo tempo, da quasi un secolo. Malgrado quindi l’assenza
di risorse naturali, al di fuori di un po’ di cotone e mais, il Paese punta s questa
straordinaria risorsa per che gli consente la via dello sviluppo e una carta visibilità
internazionale come stabilizzatore.
D. - Il Papa sarà in Benin fino
al 20: di fatto è la terza visita di un Papa. Ma cosa rappresenta questa presenza
per la popolazione e per la Chiesa del Benin?
R. - Sicuramente un grande
onore. Tutti i fedeli, il clero, i nostri confratelli sacerdoti beninesi si sentono
estremamente onorati di ricevere questa visita del Papa, proprio in occasione della
consegna ufficiale della Lettera post-sinodale per la Chiesa in Africa. E’ una grande
soddisfazione, una grande gioia e un grande senso di responsabilità per la Chiesa
locale. Un incoraggiamento, come una nuova spinta e una nuova forza.
D.
- La Chiesa beninese festeggia quest’anno il Giubileo per i 150 anni di evangelizzazione:
in realtà, però, i primi ad arrivare furono dei Cappuccini duecento anni prima…
R.
- Ancor prima della Società missionaria africana, che venne qui nel 1861, i primissimi
evangelizzatori furono proprio dei Cappuccini portoghesi, nel 1600. Noi Cappuccini
viviamo questo Giubileo con grande commozione, perché celebrando l’evangelizzazione
del Benin pensiamo anche a quei nostri 14 confratelli che nel 1600 vennero qui per
cercare di portare il volto di Cristo nel Paese e che dopo una settimana quasi tutti
morirono…
D. - Il Papa viene a confermare nella fede, portando l’Esortazione
post-sinodale: parla di giustizia, unità e problemi concreti, come quello della famiglia…
R.
- Il problema cruciale della riconciliazione, della giustizia e pace nasce da una
struttura sociale che deve fare perno su una famiglia stabile. Mi sembra che tutti
i problemi sociali, tutti i problemi spirituali e tutti i problemi umani qui facciano
perno intorno a un problema enorme, che è la instabilità totale della famiglia: sono
pochissime le famiglie unite, sono pochissime le famiglie stabili. Tutte le disgregazioni,
tutte le tensioni e le difficoltà dei credenti e dei non credenti nascono proprio
da questa instabilità, da questi conflitti che sono nel cuore e nel seno della famiglia.
Mi sembra, quindi, che l’Esortazione post-sinodale dovrà essere vissuta proprio nell’ambito
della pastorale familiare.
D. - Un altro aspetto è quello del dialogo
interreligioso: in Benin convivono la religione musulmana, cristiana e quella tradizionale…
R.
- Mi sembra che il dialogo interreligioso sia piuttosto stagnante. Nel sud del Benin,
dove la Chiesa cattolica è in grande espansione, possiamo dire che la preoccupazione
di dialogare con i gruppi tradizionali e con l’islam non è molto sentita. La grande
preoccupazione della Chiesa è di tener dietro ad un ritmo di crescita elevato di battezzati,
per i quali non ci sono sufficienti pastori. Questa è la situazione nel sud del Benin.
Al nord del Benin, dove la Chiesa è minoritaria e dove ci sono più musulmani, mi sembra
che la questione sia piuttosto ferma. Certo si dovrà affrontare…
D.
- Quindi cosa vi aspettate da questa visita?
R. - Io personalmente un
grande slancio: un grande slancio di entusiasmo, un grande incoraggiamento. Ma anche
mettere in chiaro certi punti fondamentali della fede cattolica, soprattutto disciplinari,
e a livello di unità della famiglia
D. - Come si sta preparando la popolazione
all’arrivo del Papa?
R. - A livello parrocchiale, c’è tutta una serie
di iniziative e di incontri di preghiera per accogliere il Papa. Il vescovo di Cotonou,
che è la diocesi più grande e più importante di tutto il Benin, ha chiesto - ad esempio
- che durante questo mese di ottobre i fedeli preghino il Rosario una volta al giorno
per la visita del Papa. Tutti i fedeli cattolici sono stati invitati a contribuire,
con almeno 500 franchi cfa - 75 centesimi di euro - per organizzare la venuta del
Papa. Poi ci sono tutta una serie di incontri a livello parrocchiale, a livello diocesano.
I giornali locali cattolici richiamano molto questi temi di riconciliazione, di giustizia
e pace. Diciamo che si stanno scaldando i motori.
D. - A livello locale,
qual è il rapporto con le istituzioni?
R. - C’è una grossa sfiducia
nella capacità delle istituzioni di guidare il Paese. Evidentemente, di fronte a questa
sfiducia, che è suscitata da una ampissima diffusione di corruzione, ognuno si arrangia,
ognuno cerca di fare i suoi piccoli “traffici”. Esiste dunque un grosso problema di
sfiducia nella capacità delle istituzioni di guidare il Paese.
D. -
In questo, secondo lei, la visita del Papa potrà portare un segnale diverso?
R.
- Potrà portare un segnale diverso nella misura in cui il Papa riuscirà a far capire
che il cristianesimo è una fede che si incarna, è una fede che diventa vita vissuta
nella società, nel contesto sociale dove si trova. (mg)
Sulla visita del
Papa in Benin, il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha raccolto anche
il commento di Jean-Baptiste Sourou,autore del libro: “L'ora della
maturità. La Chiesa in Africa ai tempi del secondo Sinodo” e docente di Comunicazioni
sociali e Antropologia presso la "Rhodes University" in Sud Africa:
R. - E' un
evento eccezionale, perché è il Successore di Pietro che ci rende visita e, prima
di tutto, ci riconferma nella fede. E’ poi anche un momento di grazia per il Benin,
perché il nostro Paese sta celebrando il 150.mo anniversario della sua evangelizzazione.
E’ inoltre un momento particolarmente importante perché il Papa viene in Benin per
consegnare a tutta l’Africa l’Esortazione post-sinodale, dopo la celebrazione del
secondo Sinodo per l’Africa, diventando così un punto verso cui tutta l’Africa guarda
in questo momento.
D. - Ma cosa dice la presenza del Papa agli abitanti
del Benin?
R. - Questa visita ci dice che Dio ci ama in Benin. E’ un
momento di responsabilità per tutto il Paese: è un invito a dare maggior forza alla
nostra fede e soprattutto a testimoniare Gesù Cristo nella nostra vita, nella vita
del nostro Paese, e come Chiesa del Benin.
D. - Il Papa farà visita
alla tomba del cardinale Gantin, un gigante per il Paese: chi era questa figura?
R.
- L’ho conosciuto, mi è stato vicino e per me, prima di tutto, è stato un padre: è
un padre per la sua semplicità, è un padre per il suo cuore. E' un padre per la sua
capacità di ascolto, per tutti noi del Benin, indipendentemente dalla religione. Il
cardinale Gantin era una persona che accoglieva tutti, che faceva del tutto affinché
vi fosse pace, pace sociale. E’ un esempio di cittadino, di uomo di fede, di uomo
della riconciliazione: è un esempio per molte cose.
D. - Il cardinale
coniugò, senza alcun compromesso, la sua appartenenza a Cristo con l’identità africana…
R.
- Non era una persona divisa: era pienamente e totalmente africano del Benin e pienamente
e totalmente romano e cattolico: radicato nella sua identità africana e completamente
radicato nella fede, nella sua identità cristiana. E’ riuscito senza alcuna difficoltà
a mettere insieme queste due realtà.
D. - Il Benin è un Paese povero,
più al nord rispetto al sud: anche qui la presenza del Papa porterà un nuovo slancio?
R.
- In questi ultimi anni, lo Stato sta compiendo uno sforzo molto grande per cercare
di migliorare le condizioni sociali, attraverso la costruzione delle infrastrutture.
Si lavora per la gratuità della sanità e si lotta - ad esempio - contro la malaria
o per rendre sicuro il parto cesareo, che il governo ha reso gratuito dal momento
che molte donne morivano perché non avevano soldi per pagare l’ospedale. Si lavora
per la scolarizzazione delle ragazze, soprattutto nelle zone rurali… Ma c’è ancora
molto da fare, questo è chiaro. Sicuramente, la visita del Papa darà un nuovo impulso,
perché certamente nei discorsi che il Santo Padre pronuncerà ci sarà uno sguardo sulla
povertà del Benin.
D. - Una piaga spesso ricorrente è quella della
corruzione, che non risparmia neanche il Benin…
R. - Certamente, e
il Sinodo ne parla. Una delle cause delle guerre, delle divisioni sociali in Africa
è proprio la corruzione. Non tutti hanno accesso al bene comune. I discorsi del Papa
andranno sicuramente anche in questa direzione e penso anche che sarà un sostenitore
della causa dei poveri. (mg)