Cellule staminali adulte: il cardinale Ravasi ricorda i successi della 'medicina rigenerativa'
Si è svolta in settimana in Vaticano la Conferenza internazionale dal titolo “Le cellule
staminali adulte: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultura”. Al termine dell’incontro,
promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura e della Fondazione “Stem for Life”,
i partecipanti sono stati ricevuti in udienza da Benedetto XVI. Nell’occasione, il
Papa ha affermato che “la Chiesa offre il suo incoraggiamento a coloro che sono impegnati
nel condurre e sostenere la ricerca di questo tipo, sempre a condizione che sia effettuata
nel rispetto per il bene integrale della persona umana e il bene comune della società”.
Per un bilancio sui tre giorni di convegno, Fabio Colagrande ha intervistato
il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della cultura:
R. – Il primo
bilancio, indubbiamente, è quello di tipo scientifico in senso stretto: si è potuto
vedere con un panorama molto ampio, quante siano le possibilità che questa ricerca
offre soprattutto nel campo delle cellule staminali adulte; rompendo un po’ quella
sorta di mitologia che riteneva che l’unica via per poter ottenere una risposta a
tante domande di sofferenza dell’umanità fosse quella delle cellule staminali embrionali.
Pensiamo, per esempio, alle malattie oncologiche come la leucemia; pensiamo al Parkinson,
all’Alzheimer, alla sclerosi multipla; pensiamo ancora al diabete o alle ustioni,
all’artrite stessa: sono tutti campi nei quali l’intervento con le cellule staminali
adulte offre dei risultati che sono stati portati e devo dire anche un po’ “ in corpore
vili” quasi, presentando dei pazienti che erano ben contenti di dare la loro testimonianza.
Sono risultati di grande qualità e vorrei dire, sempre in questo ambito scientifico,
che la cellula staminale adulta è presente in un orizzonte molto ampio del nostro
organismo: è presente nel midollo osseo, è presente nel sangue, nel cervello… Per
cui ci sono tanti ambiti nei quali, senza porre problemi etici, permette di entrare
in questo orizzonte di dolore, di preoccupazione, di sofferenza, appello che viene
dall’umanità. D. – Qualcuno può trovare curioso che il dicastero della
cultura abbia organizzato un convegno su un tema così tecnico. Lei stesso ora non
parlava di Bibbia o di temi a cui lei è abituato…
R. – Fa parte di un
itinerario, ormai lungo, che io ho cercato in tutti i modi di incrementare, proprio
tenendo conto che la cultura, di sua natura, adesso abbraccia un orizzonte molto vasto,
nel quale un territorio di grande rilievo è rappresentato dalla scienza. Quindi, se
vogliamo parlare di cultura e anche tante volte se vogliamo parlare di fede e di non
credenza, ci troviamo lì in quel territorio, dove sorgono – per esempio – i problemi
di bioetica; il problema del rapporto cellule staminali embrionali o cellule staminali
adulte è un problema bioetico e etico, che fa parte però ormai di un dialogo, di un
dibattito culturale generale, anche a livello di divulgazione molto bassa. Naturalmente,
lo vogliamo fare con uno statuto di rigore. In questo ambito, c’è un secondo orizzonte
di risultati che riguarda il dialogo, appunto, tra la scienza e la medicina e la filosofia
e la teologia.
D. - In questo caso, lo avete fatto anche collaborando
con un’azienda privata, come la Neostem: una collaborazione che si apre anche a qualche
critica, a qualche rischio. Perché lo avete fatto?
R. – Abbiamo avuto,
effettivamente, delle obiezioni a questo riguardo. Lo abbiamo fatto, innanzitutto,
con un’istituzione che avesse, però, un Protocollo etico che fosse avallato anche
da noi. Questo è un elemento molto importante. In secondo luogo – e lo sappiamo –
tante volte in Italia ci si lamenta perché la ricerca è debolissima: per fare ricerca,
però, indubbiamente ci vuole mecenatismo, ci vuole un impegno dal punto di vista anche
economico, realistico. E’ per questo che abbiamo voluto, per fare questo convegno,
avere anche un appoggio che è nella linea proprio di una tradizione antica, quella
che ha questa parola che gli americani non comprendono, perché comprendo di più la
parola sponsor, che è il “mecenatismo”: la grande tradizione dei principi, oppure
delle istituzioni di potere anche economico, che dedicano un ambito delle loro risorse
proprio a dei risultati di tipo culturale e di tipo scientifico. (mg)