La decisione all'Onu sulla Palestina attesa per domani
Nessun accordo al comitato del Consiglio di sicurezza dell’Onu, incaricato di formulare
una raccomandazione sulla richiesta di adesione della Palestina alle Nazioni Unite.
Un rapporto al riguardo, anticipato dalla stampa, verrà ufficializzato domani a New
York, in occasione della riunione del Consiglio di Sicurezza. Il documento trapelato
non precisa quali siano i Paesi che hanno sostenuto la candidatura palestinese e quelli
contrari. I palestinesi - che attraverso il presidente Mahmud Abbas hanno depositato
il 23 settembre al Palazzo di Vetro la loro candidatura - puntano ad ottenere nove
voti su 15, affinché il Consiglio di Sicurezza possa formulare una raccomandazione
positiva. L'ammissione all'Onu di nuovi membri è sottoposta poi al voto dell'Assemblea
generale. Sullo stallo alle Nazioni Unite, Giada Aquilino ha raccolto il commento
di Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. – E’ uno
stallo che ormai andava profilandosi da alcuni giorni. Le posizioni sono sostanzialmente
tre: c’è un gruppo di Stati che ha intenzione di sostenere questa richiesta dello
Stato palestinese dentro il Consiglio di sicurezza, ma tale gruppo mi pare si fermi
a otto Stati su 15. Poi ci sono altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna, che si asterranno.
Infine, c’è il blocco dei contrari, guidato dagli Stati Uniti. Il fatto che il primo
gruppo arrivi solo a otto Paesi fa sì che - se anche si andasse al voto in Consiglio
di sicurezza - gli Stati Uniti non dovrebbero neanche porre il diritto di veto, perché
- per passare all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu - una risoluzione ha
bisogno di nove voti. E dal punto di vista palestinese non ci sarebbe nemmeno la vittoria
morale di aver comunque ottenuto la maggioranza all’interno del Consiglio di sicurezza.
Da questo punto di vista, la situazione è in pieno stallo e non è neanche detto che
si arrivi sul serio a una votazione all’interno del Consiglio di Sicurezza.
D.
– A questo punto, il passo successivo quale sarebbe in Assemblea generale?
R.
– È molto difficile da dire in questo momento, nel senso che bisognerà anche vedere
quale sarà l’evoluzione, più che all’Onu, all’interno dei rapporti di forza nel mondo
palestinese. La dirigenza di Fatah e Abu Mazen ha puntato tutto su questa carta e
quindi bisognerà vedere adesso quale sarà l’evolversi della situazione più che altro
a Ramallah – secondo me – che a New York. È proprio una scelta di strategia: si tratta
di decidere se Abu Mazen abbia intenzione di andare avanti su questa strada o, per
esempio, sceglierne un’altra. Da tempo c’è in ballo la questione delle elezioni all’interno
della Palestina: non si vota dal 2006 e potrebbe anche scegliere di mischiare le carte
in tavola e andare quidni al voto per il rinnovo del parlamento palestinese.
D.
– In questo quadro, si inseriscono gli ultimi fatti: il "sì" dell’Unesco all’adesione
della Palestina, la presa di posizione di Stati Uniti e Israele, le tensioni sull’Iran.
La situazione in Medio Oriente rischia di aggravarsi ulteriormente?
R.
– Certo, è una situazione in pieno movimento, in cui gli scenari cambiano molto rapidamente.
Oggi, il tema per eccellenza è quello dell’Iran: ci sono queste grandi manovre in
corso. E’ molto più probabile, ad esempio, che in Consiglio di sicurezza arrivi prima
la discussione sull’Iran, dopo la presentazione del rapporto dell’Aiea, perché Israele
preme per un intervento militare, mentre il resto del mondo non la vede assolutamente
nello stesso modo; anche Washington è molto spaventata da tale prospettiva. Credo
che la vera partita, in questo momento, sia quella. (gf)