Grecia, Papandreou ottiene fiducia e apre a governo di coalizione
Dopo aver incassato la fiducia in parlamento, con 153 voti a favore e 144 contro,
il primo ministro greco, Papandreou, è pronto ad avviare le consultazioni per formare
un governo di unità nazionale. Il servizio di Giovanni Cossu:
Due minuti
prima della mezzanotte il parlamento greco ha votato la fiducia all'esecutivo guidato
da Papandreou. Si allontana così il pericolo di bancarotta e il governo ottiene il
mandato per ricevere il massiccio piano di salvataggio dell’Ue del Fondo monetario
internazionale. Stamattina, al termine di un colloquio con il capo dello Stato, Papoulias,
il premier Papandreou ha annunciato che cominceranno presto le consultazioni per formare
un governo di unità nazionale. Già ieri si sono susseguiti colloqui all’interno del
Pasok, il partito socialista al potere, e incontri con i partiti dell’opposizione.
Il leader della destra, Antonis Samaras, ha ribadito la richiesta di elezioni anticipate.
Nel suo intervento in chiusura del dibattito, svoltosi prima del voto di fiducia,
Papandreou ha detto di essere pronto “a discutere su chi guiderà il nuovo governo”.
I giochi sono ancora del tutto aperti: come successore si parla del ministro delle
Finanze, Venizelos. E c'è anche chi ha fatto il nome di Dora Bakoyannis, già sindaco
di Atene durante le Olimpiadi del 2004 e carismatico ministro degli Esteri con il
precedente governo conservatore.
Italia-politica Il Fondo monetario
internazionale (Fmi) controllerà la reale applicazione delle misure sulle quali l’Italia
si è impegnata e che dovrà ora mettere in atto. E il premier italiano, Silvio Berlusconi,
conferma l'intenzione di porre la fiducia sul maxiemendamento al disegno di legge
sulla stabilità e si dice convinto della solidità della propria maggioranza. Ma in
un vertice tra i principali esponenti dello schieramento, in cui si è fatto il punto
sui numeri in parlamento, sarebbe circolata l’ipotesi di un passo indietro di Berlusconi
per aprire ad alcune forze dell’opposizione che, dal conto loro, continuano a chiedere
le dimissioni del premier. Intanto, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha parlato
di “crisi senza precedenti” e ha chiesto alle forze politiche di dare segnali di affidabilità.
Spagna Entra
nel vivo la campagna elettorale in Spagna, in vista delle legislative anticipate del
20 novembre, al termine di sette anni di governo del premier, Josè Luis Zapatero.
Il servizio di Michela Coricelli:
Disoccupazione
record, crisi, tagli alla spesa pubblica, crescita zero. In Spagna, le parole chiave
della campagna elettorale appena iniziata ruotano quasi tutte intorno a un unico pilastro:
l’economia. E mentre il candidato del centrodestra, Mariano Rajoy, punta sul rigore
e auspica si giunga a una luce in fondo al tunnel, il socialista Alfredo Perez Rubalcaba,
ex ministro dell’Interno del premier uscente Zapatero, parla del compito dello Stato
nel creare lavoro. Ricette differenti per uscire dalla crisi, dunque. L’ultimo sondaggio
del Centro studi sociali, conferma un netto vantaggio del centrodestra nelle intenzioni
di voto. Il Partito popolare potrebbe ottenere fra i 190 e i 195 seggi sui 350 del
Congresso. I socialisti invece si fermerebbero a 116 o al massimo 121 poltrone. Con
un sorpasso di 16 punti percentuali, Rajoy avrebbe una maggioranza assoluta schiacciante
e potrebbe conquistare anche un "feudo" storicamente socialista come l’Andalusia.
C’è grande attesa per l’unico faccia a faccia televisivo fra i due principali candidati,
in onda dopodomani sera.
Iran-nucleare Il rischio di un intervento
militare volto a colpire i progetti nucleari in Iran si avvicina. Così il presidente
israeliano, Shimon Peres, si è espresso in un’intervista alla televisione israeliana.
Il capo di Stato ha aggiunto che comunque nessuna decisione è stata ancora presa.
Tuttavia, in attesa della pubblicazione del rapporto sul programma nucleare iraniano,
annunciato dall'Onu per la prossima settimana, cresce la pressione su Teheran dei
governi occidentali, e in particolare degli Stati Uniti, secondo cui il documento
potrebbe rivelare come la Repubblica islamica si stia rapidamente avvicinando alla
piena capacità di produrre armi nucleari.
Siria, annunciato ritiro
esercito dalle città Il governo siriano avvierà domani il ritiro dei militari
dalle città, sulla base del piano della Lega araba destinato a mettere fine alle violenze
in corso nel Paese, dopo quasi otto mesi di proteste antigovernative. Lo ha annunciato
il viceministro degli Esteri di Damasco, Abdulfattah Ammura, in un'intervista al quotidiano
britannico Daily Telegraph. In settimana, l’esecutivo ha dato il suo via libera al
piano concordato con l’organizzazione panaraba e ieri il ministro degli Interni ha
bandito un’amnistia per i rivoltosi che non si sono macchiati di reati di sangue.
Quest’ultimi potranno consegnare le armi ai commissariati di zona fino a sabato 12
novembre. Tuttavia, nei giorni scorsi la dura repressione delle proteste non si è
fermata. Solo nella giornata di ieri, i comitati d’opposizione hanno contato 20 vittime
in varie città del Paese, ma i mezzi d'informazione ufficiali smentiscono questo bilancio
e attribuiscono la responsabilità delle violenze a terroristi armati. Il piano della
Lega araba prevede la fine delle violenze, il ritiro delle truppe militari e paramilitari
dai centri abitati, il rilascio di tutti i civili arrestati (circa 13 mila secondo
gli attivisti) e l'apertura delle frontiere a osservatori arabi e a giornalisti arabi
e internazionali.
Yemen-violenze In Yemen, non si ferma la lotta
alle milizie integraliste vicine ad al Qaeda. Quattro presunti terroristi, fra i quali
due stranieri, sono stati uccisi in un attacco delle truppe governative nella città
meridionale di Zinjibar. Dal maggio scorsom l'esercito yemenita è impegnato in una
vasta offensiva a Zinjibar, capoluogo della provincia di Abyan, contro i militanti
islamici affiliati alla rete del terrore internazionale.
Pakistan Nuovi
risvolti nelle indagini sull’assassinio dell’ex premier pakistana, Benazir Bhutto,
avvenuto nel 2007. La Corte Antiterrorismo di Rawalpindi ha incriminato sette persone:
cinque presunti talebani e due ufficiali di polizia, che si sono proclamati innocenti.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Giovanni Cossu)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 309