Si chiude la VI edizione del Festival Internazionale del Film di Roma
La sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma si chiuderà questa
sera con la Premiazione Ufficiale in Sala Santa Cecilia al Parco della Musica, durante
la quale verrà consegnato a Richard Gere il Premio Marc’Aurelio all’Attore, alla presenza
della Giuria presieduta dal compositore Ennio Morricone. Dopo la Premiazione, omaggio
ad Audrey Hepburn, con la proiezione della copia restaurata di Breakfast at Tiffany’s,
capolavoro di Blake Edwards del 1961. Al Festival sono passati molti film capaci di
intercettare le tante inquietudini del nostro presente, così come la ricerca del senso
della vita. Il servizio di Luca Pellegrini:
Tra polemiche
tutte politiche, che in Italia non mancano mai, un concorso discreto ma non memorabile
e ottimi titoli, invece, nelle sezioni dedicate ai giovani e alla documentazione della
realtà, si chiude questa sera il Festival del Film di Roma con l’assegnazione dei
Premi, che hanno dimostrato, come ormai sono tutti i premi di tutti i festival, avere
ben poca influenza sul mercato e il botteghino. Il successo di pubblico di un film,
insomma, risponde a variabili diverse dal giudizio che una Giuria internazionale,
pur autorevole, affibbia a un film o un regista. Ci sono state, così, inaspettate
scoperte di altissimo profilo, che si spera saranno distribuite nelle sale, titoli
di autori curiosi e intelligenti che hanno rischiato affrontando temi come le crisi
sociali, finanziarie e morali del mondo, le malattie e il coraggio di affrontarle,
le derive della scienza senza regole di condotta, delle famiglie senza amore, dei
figli senza futuro, dell’uomo afflitto da dubbi, poche certezze, qualche risposta.
Come nel nuovo film di Salvatore Nocita, “La strada di Paolo”, che nel titolo richiama
il nome dell'Apostolo e la sua conversione, storia di un camionista che affronta un
viaggio inaspettato verso Gerusalemme, che gli cambierà la vita. Il regista si è avvalso
anche delle indicazioni di due cardinali, Angelo Scola e Gianfranco Ravasi, da sempre
attenti al mondo del cinema. Da quale esigenza nasce, chiediamo a Salvatore
Nocita, questo suo film?
R. - Dall’esigenza profonda di un
uomo della mia età che a un certo momento riflette e la riflessione lo porta a risposte
positive e a dubbi e quindi il tentativo di tradurre questi dubbi in un viaggio di
speranza, in un viaggio di ricerche, è importante. Il viaggio è proprio inteso come
metafora della vita.
D. - Crede che saranno in molti a riconoscersi
nella figura del camionista Paolo?
R. – Chi ha un po’ il senso di riflettere
su se stesso a un certo punto troverà elementi comuni. La storia di Paolo come esemplificazione,
come metafora, è una strada comune e, quindi, spero di essere riuscito a tradurre
in termini filmici, con linguaggi cinematografici, queste esigenze che sono le esigenze
primarie dell’uomo. (bf)