Corte di Strasburgo: legittime le leggi che vietano la fecondazione eterologa
Il divieto di fecondazione artificiale eterologa non viola la Convenzione europea
dei diritti dell’uomo: è quanto stabilito da una sentenza della Corte di Strasburgo
sulla normativa austriaca, che – come la legge 40 in Italia – non consente la fecondazione
eterologa. La norma era stata impugnata da due coppie austriache secondo cui la legge
sulla fecondazione in vitro violava il loro diritto a formare una famiglia. Nel dispositivo
pubblicato ieri, la “Grand Chambre” della Corte di Strasburgo stabilisce dunque la
legittimità della legislazione dei Paesi comunitari che vietano il ricorso alla donazione
di sperma e ovuli in vitro per avere un figlio. Sul significato di questa sentenza,
Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Lucio Romano, presidente
dell’associazione “Scienza e Vita”:
R. – E’ una
lettura sicuramente laica. In questa lettura laica si va a definire in maniera inoppugnabile
che uno tra i diritti fondamentali dell’uomo è proprio quello di tutelare non soltanto
la vita del concepito ma di tutelare anche una genitorialità che sia certa, sia sotto
il profilo sociale sia sotto il profilo biologico e genetico. La sentenza va in sintonia
con la Legge 40 che proibisce la fecondazione artificiale eterologa proprio perché
oltre ad alterare il rapporto procreativo e creativo sicuramente andrebbe a dar luogo
ad una alterazione di quel rapporto famigliare che invece sarebbe inquinato dalla
cosiddetta “cooperativa genitoriale”, cioè la presenza di terzi che possono essere
il donatore di sperma oppure la donatrice di ovociti.
D. – Questo della
certezza dell’identità dei genitori ribadito dalla Corte è un principio di ragione?
R.
- E’ sicuramente un principio di ragione facilmente condivisibile e che pone in maniera
inequivocabilmente chiara il tema del diritto del concepito.
D. - In
qualche modo si può dire anche che la sentenza della Corte di Strasburgo stabilisce
che non esiste un diritto al figlio …
R. – Non esiste un diritto al
figlio. Il primo diritto che esiste è quello del figlio di poter godere di un nucleo
familiare che sia di chiaro riferimento certo. Il diritto al figlio molte volte si
traduce semplicemente in una esigenza personale e assoluta e nella “cosificazione”
della vita che si traduce nel ricorso alle tecniche più varie che molte volte sono
anche soppressive per quanto riguarda la vita.
D. - Quali conseguenze
si potranno avere, anche pratiche, con questa sentenza che riguardava l’Austria ma
evidentemente ha una proiezione più generale?
R. – Io direi che soprattutto
fa cultura e abbinata all’altra sentenza, quella della Corte di giustizia di pochi
giorni fa, chiarisce in maniera inequivocabile il significato del diritto alla vita
e soprattutto la non manipolabilità dell’embrione. La sentenza di ieri, invece, statuisce
in maniera altrettanto chiara che bisogna tutelare i diritti fondamentali dell’uomo,
il primo dei quali è il diritto alla vita e poi il dritto ad una genitorialità certa.
(bf)