Alta tensione tra Stati Uniti e Iran sulla questione nucleare
Cresce l’attesa in vista dell'8 novembre, giorno in cui sarà reso noto il rapporto
dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica sull'arricchimento dell'uranio in
Iran: martedì prossimo, infatti, l’Agenzia dell’Onu potrebbe annunciare che la Repubblica
islamica si sta rapidamente avvicinando alla piena capacità di produrre armi nucleari.
La stampa inglese, da giorni, riferisce che le forze armate britanniche si preparano
a sostenere un attacco degli Stati Uniti contro il territorio della Repubblica islamica,
per colpire le infrastrutture che Teheran starebbe utilizzando per realizzare l'atomica,
soprattutto nell'area montagnosa attorno alla città di Qom. Israele, nei giorni scorsi,
ha proceduto ad un'esercitazione, ipotizzando attacchi missilistici iraniani sull'affollata
area di Tel Aviv in previsione di quella che potrebbe essere la reazione di Teheran
ad un attacco israeliano o di suoi alleati ad impianti nucleari della Repubblica islamica.
Sulle rinnovate tensioni nell’area mediorientale, Giada Aquilino ha raccolto
il commento di Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche
internazionali Archivio Disarmo:
R. – Il governo
iraniano sembra continuare nell’atteggiamento di non collaborare con quanto richiesto
dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Anche un recente rapporto della
medesima Agenzia dell'Onu, nel settembre scorso, riportava già un giudizio negativo
sul comportamento del governo di Teheran. L’annuncio che arriva in questi giorni sulla
stampa di un ennesimo potenziale attacco di Israele in realtà non è una novità; però,
certamente, il fatto che l’Iran continui a non collaborare e abbia addirittura spostato
una parte delle sue attrezzature per il programma nucleare – ufficialmente civile
– nel cuore di una montagna fa presagire intenzioni non pacifiche, perché altrimenti
il programma sarebbe trasparente. Altro discorso è, poi, se l’attacco militare può
risolvere il problema: e questo è estremamente discutibile. Anche all’interno dello
stesso Israele ci sono posizioni molto variegate: c’è anche chi dice che l’attacco
non sarebbe risolutivo, addirittura potrebbe scatenare una reazione anche da parte
degli alleati, pensiamo al Sud del Libano, alle forze ostili a Israele che sono lì
presenti.
D. – A che livello di produzione atomica potrebbe essere oggi
l’Iran?
R. – Aspettiamo tutti di avere questo nuovo rapporto. Sicuramente
è andata avanti rispetto ad alcuni anni fa. E l’atteggiamento aggressivo del governo
di Teheran fa temere il peggio. Sappiamo che ha sviluppato capacità significative
negli ultimi tempi, anche se l’anno scorso il governo è stato messo in estrema difficoltà,
perché c’è stato un attacco informatico che ha rallentato sensibilmente l’attività.
Ma siamo solamente al livello di un tentativo di ritardare qualche cosa che si teme
possa essere vicina. Si parla ormai di un paio d’anni: c’è chi dice 2013, chi dice
2014, ma queste sono fonti di “intelligence” e quindi vanno prese con estrema cautela.
Il problema è capire se, nell’arco dei prossimi due anni, possa anche cambiare il
governo all’interno dell’Iran, perché altrimenti si potrebbe addirittura aprire un
conflitto che non è solamente confinato nell’area iraniana, ma andrebbe ad incendiare
l’intero Medio Oriente.
D. – Quindi, secondo lei, c’è il rischio che
un attacco preventivo di Israele, Stati Uniti, Gran Bretagna agli impianti atomici
iraniani possa poi incendiare ulteriormente tutto il Medio Oriente?
R.
– Sicuramente. Israele non è un piccolo Stato e si trova in una posizione geopolitica
rilevante. L’Iran si trova in una situazione per cui può controllare lo Stretto di
Ormuz, uno stretto importantissimo - attraverso il quale dal Golfo Persico escono
centinaia e centinaia di navi destinate all’Asia, alla Cina, al Giappone, all’America
e all’Europa - e non servono né armi nucleari, né grandi sistemi missilistici per
poter bloccare quello Stretto. (gf)