Fine della missione Nato in Libia: Rasmussen a Tripoli
Alla mezzanotte di oggi termina la missione Nato in Libia iniziata nel marzo scorso.
Per l’occasione è giunto nel Paese nord-africano, il segretario generale dell’Alleanza
Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, per una serie di incontri non preannunciati. Dal
canto suo il Consiglio Nazionale Transitorio libico ha sollecitato l'Alleanza a proseguire
le operazioni fino alla fine dell'anno, mentre il premier dimissionario, Mahmud Jibril,
ha annunciato il ritrovamento di armi nucleari. Marco Guerra:
“A mezzanotte
metteremo fine alle operazioni per proteggere il popolo libico, chiudendo una delle
missioni Nato di maggior successo”, è quanto scrive oggi il Segretario generale della
Nato Rasmussen su Twitter prima di partire per una visita a Tripoli definita storica.
Rasmussen incontrerà i leader del Consiglio Nazionale Transitorio, per discutere il
futuro ruolo della Nato nel processo di transizione. Il controllo dello spazio aereo
passerà sotto la responsabilità libica ma diversi Paesi dell’alleanza sono disposti,
infatti, a dare supporto logistico nella sicurezza e nell’addestramento del nuovo
esercito. Rasmussen ha inoltre preannunciato che chiederà “quali siano le loro attese
riguardo il futuro e in particolare la loro roadmap per la transizione verso la democrazia”.
E l’operazione della Nato si conclude anche con l’incognita del ritrovamento di armi
nucleari, annunciato ieri sera alla tv Al Arabiya dal premier dimissionario del Cnt,
Mahmud Jibril, secondo il quale il ritrovamento sarà confermato nei prossimi giorni
dall’Agenzia dell'Onu per l'energia atomica. Non meno ricco di insidie il processo
di pacificazione: Human Rights Watch è tornata a chiedere la fine delle rappresaglie
da parte dei ribelli e di processare i responsabili di stupri e omicidi mirati.
L'Unesco
riconosce la Palestina L'Assemblea generale dell'Unesco ha approvato l'adesione
a pieno titolo della Palestina nell'organizzazione. Sulla richiesta di adesione hanno
votato contro Stati Uniti, Germania e Canada. L'Italia e il Regno Unito si sono astenuti,
mentre la Francia e la Cina hanno votato a favore, insieme alla quasi totalità dei
Paesi arabi. Il delegato Usa ha già annunciato di non accettare l’adesione della Palestina.
Negli Stati Uniti è infatti in vigore una legge che vieta di finanziare qualsiasi
organizzazione che accetti la Palestina come membro a pieno titolo.
Nuovo
raid israeliano su Gaza: uccisi due miliziani palestinesi Non si attenua la
nuova fiammata di violenze fra Israele e la Striscia di Gaza, dove nelle notte due
miliziani palestinesi sono stati uccisi in un raid dell’aviazione israeliana. Poche
ore prima la città israeliana di Ashqelon si era trovata due volte esposta ad attacchi
palestinesi. L'esercito dello Stato ebraico ha confermato l'attacco spiegando, in
un comunicato, di aver agito “contro una cellula terroristica che aveva sparato razzi
al-Qassam contro Israele”. Il bilancio delle violenze in corso da sabato sale così
a 13 vittime, fra le quali 12 palestinesi e un israeliano.
Siria, proteste
anti-governative In Siria almeno 15 persone hanno perso la vita nelle ultime
24 ore nel corso di azioni di repressione del dissenso antigovernativo. La denuncia
arriva dai Comitati di coordinamento degli attivisti anti-regime. Dall'inizio delle
proteste a metà marzo scorso ad oggi, sempre secondo la lista aggiornata del Centro
di documentazione, sono 3.829 le persone uccise in Siria. Si attende intanto per oggi,
ad un incontro a Doha, la risposta delle autorità siriane al piano consegnato nei
giorni scorsi dalla commissione ministeriale della Lega Araba per metter fine alla
“crisi”. E'poi prevista per mercoledì una nuova riunione dell’organizzazione pan-araba
per esaminare l’esito dei colloqui con gli emissari siriani. Infine si registrano
le dichiarazioni del segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, secondo
il quale un intervento militare dell'Alleanza atlantica in Siria e' ''totalmente
escluso'', pur condannando la repressione compiuta dalle ''forze di sicurezza siriane
contro i civili''.
Bulgaria: Rossen Plevneliev è il nuovo presidente
del Paese Il conservatore Rossen Plevneliev è il nuovo presidente della Bulgaria.
L’imprenditore di 47 anni ha vinto il secondo turno delle elezioni con il 52,5% dei
voti. Dietro di lui il socialista Ivaylo Kalfin, che ha ottenuto il 47,4% dei consensi.
Il servizio di Giovanni Cossu:
Le previsioni
sono state rispettate: nel ballottaggio di ieri Plevneliev è stato eletto presidente.
Succede al socialista Gheorghi Parvanov, reduce da due mandati consecutivi. Con questa
vittoria, il partito di destra del premier Boyko Borissov guida presidenza e governo.
Inoltre il Gerb si è affermato anche nelle amministrative, per la prima volta abbinate
alle presidenziali. Le elezioni di quest’anno si sono svolte in una situazione sociale
difficile. La Bulgaria è il Paese più povero dell’Unione Europea e la crisi continua
a colpire larghe fasce sociali. Lo stipendio medio è fermo da due anni intorno all'equivalente
di 360 euro, mentre i prezzi di alcuni generi alimentari di prima necessità sono tra
i più alti d’Europa. La disoccupazione oscilla intorno al 10%. La consultazione è
la quinta dalla caduta del comunismo nel 1989.
Afghanistan: sei morti
in un attentato In Afghanistan, un commando talebano ha ucciso almeno 3 operatori
dell’Unhcr, di nazionalità afghana, in un attacco nel centro di Kandahar di cui ancora
non è chiara la dinamica. La zona attaccata è quella di massima sicurezza della città,
dove si trovano anche le sedi del Governo e del Consiglio provinciale.
Kirghizistan:
l’Osce ha rilevato irregolarità nelle elezioni In Kirghizistan, gli osservatori
dell'Osce hanno rilevato “irregolarità significative nel giorno delle elezioni, in
particolare nello spoglio dei voti”. Le consultazioni di ieri sono state vinte dal
primo ministro Almazbek Atambay con il 63% delle preferenze. I due principali candidati
dell'opposizione, Adakhan Madumarov e Kamtchybek Tachiev, hanno rifiutano di riconoscere
la vittoria del premier Atambaiev.
Colombia, elezioni amministrative Si
sono svolte in un clima di grande tensione, ma senza incidenti, le elezioni amministrative
in Colombia. Una tornata elettorale che era stata anticipata da una terribile campagna
intimidatoria da parte delle Farc, le forze armare rivoluzionarie della Colombia,
che hanno provocato almeno 40 morti tra i candidati. E non sono mancate neppure le
sorprese. Il servizio di Francesca Ambrogetti:
Un ex guerrigliero
avrà una responsabilità di governo per la prima volta nella storia politica della
Colombia. Gustavo Petro, ex militante del movimento ribelle M19 ed esponente del nuovo
partito di sinistra progressista, è stato eletto ieri sindaco di Bogotà, incarico
considerato nel Paese il più importante dopo quello di presidente della repubblica.
Le elezioni amministrative per rinnovare le autorità regionali si sono svolte in un
clima teso ma senza incidenti significativi e con un indice di attenzione molto alto.
Petro, con il 32 per cento di voti, ha sconfitto il candidato del governo di destra
Enrique Penalosa. Il partito liberale e alcuni candidati indipendenti hanno ottenuto
buoni risultati in varie circoscrizioni regionali. Sconfitti invece gli esponenti
politici promossi dall’ex presidente Alvaro Uribe, che durante il suo recente governo
è stato il grande alleato degli Stati Uniti in America Latina. Juan Manuel Santos,
l’attuale capo dello Stato, ha chiesto a tutti i candidati eletti di lavorare in sintonia
con il governo per il bene del Paese. (Panoramica internazionale a cura di
Marco Guerra e Giovanni Cossu)
Bollettino del Radiogiornale della
Radio Vaticana Anno LV no. 304