Amministrative in Colombia, dopo una campagna elettorale di violenze
Urne aperte oggi in Colombia per le elezioni amministrative. La campagna elettorale
è stata segnata da numerosi episodi di violenza che hanno provocato la morte di oltre
40 candidati. Solo ieri, nel sud del Paese, tre soldati hanno perso la vita in un
campo minato dei ribelli delle Farc. “Il clima resta teso”, affermano attivisti per
i diritti umani mentre le autorità hanno garantito la massima vigilanza. Ma qual è
il valore della tornata elettorale? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Maurizio
Chierici esperto dell’area:
R. - E’ importantissima,
perché mentre il potere politico generale si è centrato a Bogotà, dove c’è stato un
cambio tra il presidente Santos e il presidente Uribe; dove sono stati emarginati
i paramilitari e messi sotto accusa ministri della vecchia gestione, che erano d’accordo
con loro; nelle province, invece, tutto è rimasto un po’ come prima. I paramilitari
a Medellin, addirittura, fanno lezioni nei borghi secondari delle città e nelle periferie,
obbligando le persone non solo ad ascoltare il nome e gli elogi del candidato che
dovranno votare, ma anche la raccomandazione di mostrare la scheda aperta, prima di
infilarla nell’urna, in modo da far capire per chi hanno votato.
D.
- Il presidente Santos ha annunciato l’impiego di migliaia di uomini delle forze di
sicurezza per garantire il regolare svolgimento delle elezioni…
R. -
Il presidente Santos è un uomo moderno, perché appartiene alla grande famiglia che
domina l’informazione - giornali, televisione, “El Tiempo” - proprietari di grandi
latifondi di caffè, ma anche soci in imprese americane: sono in un certo senso americani
oltre che colombiani. Santos vuole quindi un Paese moderno, anche perché aspira al
libero trattato commerciale con gli Stati Uniti. In realtà, poi, è tutto molto compresso,
perché più o meno un quinto della popolazione è in mano alle Farc o comunque sotto
influenza delle Farc; i paramilitari resistono e resiste anche una economia di sopravvivenza
nella quale la Colombia si dibatte da molti anni.
D. - Cosa chiedono,
in particolare, i ribelli delle Farc?
R. - Sono i fantasmi del passato.
Chiedono di dialogare con i governi, ma morto Tirofijo, che ne è stato l’inventore,
circa 48-50 anni fa, tutto questo è sopravvissuto ad una storia ormai cancellata ovunque:
resiste solo Cuba, ma anche Cuba è cambiata… Quindi non si capisce bene cosa vogliano.
Bisogna però intendere una cosa: 40 anni di guerriglia hanno creato un’economia autarchica,
dove le persone vivono e sopravvivono pensando solo a questo. E’ indispensabile non
solo sventrare le Farc, ma anche sostituire questa economia un po’ folle con un’economia
reale, che possa dialogare col mondo.
D. - Il Paese come vive questa
fase?
R. - La vive male, ma attenzione perché la Colombia è abituata
a queste cose: purtroppo e tragicamente è abituata… Lo ha ripetuto anche Ingrid Betancour
quando è venuta a Roma e ha incontrato il Papa e ha detto: “Il mio è un Paese che
capisce e sopporta il dolore!”. Sarebbe, però, il momento che smetta di sopportarlo…
(mg)