A Rimini la Conferenza nazionale animatori del Rinnovamento nello Spirito
“Pregate perché la Parola del Signore corra”. E’ il tema della 35.ma Conferenza nazionale
animatori, in programma fino al prossimo primo novembre e promossa dal Rinnovamento
nello Spirito. Nell’ambito di questo Convegno, si terrà stasera al Palacongressi di
Rimini l’incontro “di Cultura della Pentecoste”, alla luce del Forum di Todi. Ma è
possibile riformare le coscienze in questo momento di profonda crisi, che, non solo
in Italia, investe l’economia, la vita sociale e la politica? Amedeo Lomonaco
lo ha chiesto a Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello
Spirito:
R. – E’ doveroso,
ed è un dovere che deriva dal sapere che la nostra speranza è una speranza affidabile.
E’ vero che le rappresentanze sociali, politiche, economiche e del nostro Paese –
direi del mondo – conoscono una profonda crisi, ma non è in crisi il Vangelo, non
è in crisi l’idealismo cristiano e direi che non sia ancora in crisi la coscienza
cristiana di tanta nostra gente. La nostra responsabilità è indicare anche modalità
attraverso cui i laici cristiani possano tornare protagonisti. Non ci sono soltanto
i cosiddetti valori non negoziabili, cioè la vita nel suo nascere e nel suo compiersi,
c’è anche il “durante” della vita, c’è il rapporto tra Vangelo e famiglia, tra Vangelo
e giovani, tra Vangelo e società civile, tra Vangelo ed economia, che noi possiamo
riscrivere.
D. – A proposito di questa urgenza di risvegliare le coscienze,
in Italia, in particolare, stili di vita sbagliati e ingannevoli si stanno tramutando
in modelli che sembrano avere il beneplacito della cosiddetta cultura di massa, alimentata
anche da trasmissioni televisive e da falsi esempi di successo. Come rialzare in questo
senso la “soglia etica” del Paese?
R. – Alla cultura di massa, alla
cultura del relativismo, alla cultura dell’individualismo si risponde con la cultura
della Pentecoste, la cultura del “noi”, dove le diversità sostanziano l’unità. E la
diversità deriva dalle ricchezze di talenti, di carismi, di cui la Chiesa è ricca.
E, quindi, è nostra responsabilità di fede non far mancare in questo momento una riproposizione
dello spirituale sul sociale, sul morale, sull’economico, sul politico, che sembrano
essere imperanti nella lettura della realtà. La crisi è soprattutto spirituale: non
è possibile immaginare una società naturale che sia scevra, che sia aliena dai valori
dello spirito. Gli uomini spirituali in questo momento hanno le chiavi della storia,
hanno la responsabilità di mostrare la qualità, la forza del loro impegno.
D.
– Quindi, una responsabilità per gli uomini spirituali, ma una responsabilità anche
per le nuove generazioni. Come, in particolare, proprio le nuove generazioni possono
trovare spazio in un mondo della politica che sembra impermeabile al rinnovamento
e anche in un mercato del lavoro che è sempre meno accessibile?
R. –
In un tempo in cui sembra imperante la cultura della morte, noi abbiamo il dovere
- e i vescovi italiani lo ricordano con gli orientamenti pastorali di questo decennio
- di educare le nuove generazioni ad una vita buona. E buona è sinonimo di piena,
felice, giusta. Una vita che sfronda ogni forma di individualismo, di egoismo autoreferenziale.
Credo che ci sia bisogno allora che, intanto, nelle famiglie e direi poi anche nella
vita delle nostre comunità, il Vangelo torni a circolare di più. Il Vangelo che non
è soltanto ascesi, ma che fonda, rifonda, rinnova questi stili di vita. E’ tempo che
senza insignificanza, senza marginalità i cristiani recuperino questa idea alta che
deriva dalla loro fede e mostrino la bellezza, la fantasia, la ricchezza, la potenza
che discende ancora dal Vangelo. I giovani non sono esentati dal fascino, dallo stupore
che il Vangelo suscita nelle loro vite, hanno bisogno di testimoni. Hanno bisogno
di essere allertati, favoriti, stimolati, perché sono loro la risposta dello Spirito,
sono loro il segno che una nuova generazione è già in atto. Dobbiamo solo mostrarla,
accompagnarla, incoraggiarla.
D. – E va anche incoraggiata la preghiera
che non va data per scontata. L’imperativo “Pregate!” contraddistingue proprio la
35.ma Conferenza nazionale animatori che, in questo tempo di nuova evangelizzazione,
rilancia l’imprescindibile binomio proprio tra preghiera e parola...
R.
– Sì, ed è bene che si ricordi che la preghiera non è dei ‘perditempo’. La preghiera
non genera uomini disincarnati: la preghiera è la prima azione di Dio nella nostra
vita. Dio è incluso nella nostra vita quando preghiamo, lo scomodiamo attraverso le
nostre preghiere. E’ un fatto la preghiera, è l’azione di Dio nella nostra vita, solo
così noi possiamo poi essere in azione, e direi azionati dalla preghiera, capaci poi
di azionare la storia. Ecco perché il binomio tra preghiera e Parola, tra preghiera
ed evangelizzazione, tra preghiera e missione diventa inscindibile. Ma è bene che
si dica che la preghiera ci ricorda anche il primato del silenzio: dobbiamo recuperare
l’intuizione, l’ispirazione verso le parole fondamentali, che poi la ‘nostra gente’
vuole sentire. C’è una certa afasia, c’è una certa incapacità di dire parole forti
in questo nostro tempo, perché manca lo spirito della preghiera, che è lo spirito
dell’ascolto, del discernimento. Sa parlare agli uomini chi sa parlare a Dio e noi
parliamo a Dio, parliamo con Dio nella preghiera. Il linguaggio spirituale, il linguaggio
della preghiera poi si fa profezia nella storia, si fa capacità di dire Cristo, di
dare Cristo agli uomini. (ap)