2011-10-29 09:37:27

Il ruolo dei cristiani nella “primavera araba”: intervista con l’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede


Tutto il mondo segue con apprensione i rivolgimenti portati dalla 'primavera araba', di cui s’ignorano gli esiti in gran parte dei Paesi coinvolti. Ma quale ruolo stanno giocando i cristiani in Medio Oriente in questo contesto di grandi speranze, ma anche di timori? Roberta Gisotti lo ha chiesto all'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Habeeb Mohammed Hadi Ali Al Sadr:RealAudioMP3

R. - (Parole in arabo)
I cristiani arabi sono parte integrante del tessuto sociale arabo, per questo anche su loro ricade quanto accade a questo tessuto, nel bene e nel male. Quanto ai loro timori per le rivolte nei loro Paesi, dobbiamo capirne bene le cause. Basti solo pensare che uno degli effetti di tali proteste è stato il mettere i cristiani del Medio Oriente di fronte a scelte difficili, tra le quali lo stare accanto ai regimi totalitari, a motivo dei quali i cittadini hanno già tanto sofferto, o l'affrontare un destino sconosciuto nel quale si poteva assistere all'ascesa al governo di una forza radicale ed estremista capace di eliminare anche questo limitato margine di libertà religiosa che gli attuali governi assicurano. Lo scenario più incerto è offerto dalla società araba rivoltosa che resta divisa al suo interno circa il cambiamento, il leader del movimento, le identità dei manifestanti e la loro visione. Ne risulta che quanto dovrà avvenire dopo non è chiaro. Fa anche paura la mancanza di una soddisfacente alternativa. Questa dovrebbe essere affidabile per mantenere le redini del governo, e fronteggiare le diverse posizioni internazionali riguardo alle proteste. Questo stato delle cose offre l'occasione a qualcuno di cavalcare l'onda delle proteste per far passare intenzioni sospette. Tra questi sono all'avanguardia i fondamentalisti che sono in grado di giocare sulla sensibilità religiosa e cambiare le carte. Questi stessi non hanno ancora abbandonato la folle idea di continuare ad uccidere i cristiani, distruggere le chiese e terrorizzare gli innocenti. Chiaramente senza tutte queste complessità i cristiani arabi sono vivo esempio di uomini liberi che sanno vivere la libertà. Essi sono stati all'inizio del secolo scorso il cuore delle rivolte arabe per l'indipendenza dei loro Paesi e sono teorici del pensiero nazionale arabo.

D. - Eccellenza, sappiamo quanto i cristiani in Medio Oriente abbiano sofferto in questi ultimi decenni, a causa dei tanti conflitti nella regione, e prova ne è l'emigrazione massiccia all'estero. Quali prospettive si aprono per queste minoranze cristiane? C'è chi paventa un futuro perfino peggiore...

R. - (Parole in arabo)
Non sono solo i cristiani ad aver sofferto o ad essere emigrati. Ci sono milioni di loro fratelli arabi di diverse religioni ed etnie oggi in esilio, sparsi nel mondo in ricerca di libertà, dignità e del guadagno onesto. Ma il problema è che i cristiani rappresentano una minoranza nella loro società, quindi i conti dei pochi non sono pari ai conti dei molti. La diminuzione del loro numero porta a limitare il loro ruolo e le loro attività, un tempo molto vivaci e importanti, in una zona considerata culla storica dei cristiani e delle religioni monoteiste. Alla luce di ciò possiamo interpretare la perplessità dei cristiani. Le probabilità che la società araba in rivolta inciampi in conflitti interni e fazioni religiose non è da escludere, soprattutto nelle società multi etniche. Nella maggior parte dei casi chi paga è la parte più debole che non ha forza né furbizia. Ma questo non deve giustificare la loro emigrazione all'estero, perché l'emigrazione è un grande pericolo per la loro esistenza e il loro futuro. Anche il Santo Padre li ha più volte spronati ad essere saldi nella fede e condividere questo peso con i loro fratelli finché Dio non concederà un cambiamento della situazione.

D. - Se i cristiani sono portatori di pace e non violenza, di dialogo e tolleranza, sono però in molti a pensare che i regimi autoritari o dittatoriali non possano evolvere in democrazie partecipate, e quindi sia comunque necessario abbatterli con rivolte anche armate. Come governare allora questa ondata liberatoria che, almeno apparentemente, parte dal basso?

R. - (Parole in arabo)
Partendo dalla loro cultura aperta e tollerante, oggi è richiesto ai nostri cristiani di svolgere il ruolo previsto dalla chiamata a partecipare all'ideazione delle riforme, e aiutare i governi nella ricerca di nuove possibilità di dialogo tra governanti e governati. Si chiede loro di essere parte attiva nella soluzione dei conflitti. Che siano portatori di speranza e pacificatori, per convincere le parti divise a stipulare un patto sociale arabo tra l'islam e il cristianesimo, capace di rispettare i diritti e di stabilire regole di uguaglianza anche alle urne. In questo modo sarà assicurato un cambiamento pacifico del potere a cui non si arriva di certo torcendo le mani o con il linguaggio delle armi. Solo con la creazione di questo patto sociale, gli attentatori non avranno modo di portare a compimento i loro complotti e si eviterà ai popoli arabi altra distruzione, altro sangue ed ulteriori sfollamenti interni ed esterni.







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