Il ruolo dei cristiani nella “primavera araba”: intervista con l’ambasciatore iracheno
presso la Santa Sede
Tutto il mondo segue con apprensione i rivolgimenti portati dalla 'primavera araba',
di cui s’ignorano gli esiti in gran parte dei Paesi coinvolti. Ma quale ruolo stanno
giocando i cristiani in Medio Oriente in questo contesto di grandi speranze, ma anche
di timori? Roberta Gisotti lo ha chiesto all'ambasciatore iracheno presso la
Santa Sede, Habeeb Mohammed Hadi Ali Al Sadr:
R. - (Parole
in arabo) I cristiani arabi sono parte integrante del tessuto sociale arabo,
per questo anche su loro ricade quanto accade a questo tessuto, nel bene e nel male.
Quanto ai loro timori per le rivolte nei loro Paesi, dobbiamo capirne bene le cause.
Basti solo pensare che uno degli effetti di tali proteste è stato il mettere i cristiani
del Medio Oriente di fronte a scelte difficili, tra le quali lo stare accanto ai regimi
totalitari, a motivo dei quali i cittadini hanno già tanto sofferto, o l'affrontare
un destino sconosciuto nel quale si poteva assistere all'ascesa al governo di una
forza radicale ed estremista capace di eliminare anche questo limitato margine di
libertà religiosa che gli attuali governi assicurano. Lo scenario più incerto è offerto
dalla società araba rivoltosa che resta divisa al suo interno circa il cambiamento,
il leader del movimento, le identità dei manifestanti e la loro visione. Ne risulta
che quanto dovrà avvenire dopo non è chiaro. Fa anche paura la mancanza di una soddisfacente
alternativa. Questa dovrebbe essere affidabile per mantenere le redini del governo,
e fronteggiare le diverse posizioni internazionali riguardo alle proteste. Questo
stato delle cose offre l'occasione a qualcuno di cavalcare l'onda delle proteste per
far passare intenzioni sospette. Tra questi sono all'avanguardia i fondamentalisti
che sono in grado di giocare sulla sensibilità religiosa e cambiare le carte. Questi
stessi non hanno ancora abbandonato la folle idea di continuare ad uccidere i cristiani,
distruggere le chiese e terrorizzare gli innocenti. Chiaramente senza tutte queste
complessità i cristiani arabi sono vivo esempio di uomini liberi che sanno vivere
la libertà. Essi sono stati all'inizio del secolo scorso il cuore delle rivolte arabe
per l'indipendenza dei loro Paesi e sono teorici del pensiero nazionale arabo.
D.
- Eccellenza, sappiamo quanto i cristiani in Medio Oriente abbiano sofferto in questi
ultimi decenni, a causa dei tanti conflitti nella regione, e prova ne è l'emigrazione
massiccia all'estero. Quali prospettive si aprono per queste minoranze cristiane?
C'è chi paventa un futuro perfino peggiore...
R. - (Parole in arabo) Non
sono solo i cristiani ad aver sofferto o ad essere emigrati. Ci sono milioni di loro
fratelli arabi di diverse religioni ed etnie oggi in esilio, sparsi nel mondo in ricerca
di libertà, dignità e del guadagno onesto. Ma il problema è che i cristiani rappresentano
una minoranza nella loro società, quindi i conti dei pochi non sono pari ai conti
dei molti. La diminuzione del loro numero porta a limitare il loro ruolo e le loro
attività, un tempo molto vivaci e importanti, in una zona considerata culla storica
dei cristiani e delle religioni monoteiste. Alla luce di ciò possiamo interpretare
la perplessità dei cristiani. Le probabilità che la società araba in rivolta inciampi
in conflitti interni e fazioni religiose non è da escludere, soprattutto nelle società
multi etniche. Nella maggior parte dei casi chi paga è la parte più debole che non
ha forza né furbizia. Ma questo non deve giustificare la loro emigrazione all'estero,
perché l'emigrazione è un grande pericolo per la loro esistenza e il loro futuro.
Anche il Santo Padre li ha più volte spronati ad essere saldi nella fede e condividere
questo peso con i loro fratelli finché Dio non concederà un cambiamento della situazione.
D.
- Se i cristiani sono portatori di pace e non violenza, di dialogo e tolleranza, sono
però in molti a pensare che i regimi autoritari o dittatoriali non possano evolvere
in democrazie partecipate, e quindi sia comunque necessario abbatterli con rivolte
anche armate. Come governare allora questa ondata liberatoria che, almeno apparentemente,
parte dal basso?
R. - (Parole in arabo) Partendo dalla loro
cultura aperta e tollerante, oggi è richiesto ai nostri cristiani di svolgere il ruolo
previsto dalla chiamata a partecipare all'ideazione delle riforme, e aiutare i governi
nella ricerca di nuove possibilità di dialogo tra governanti e governati. Si chiede
loro di essere parte attiva nella soluzione dei conflitti. Che siano portatori di
speranza e pacificatori, per convincere le parti divise a stipulare un patto sociale
arabo tra l'islam e il cristianesimo, capace di rispettare i diritti e di stabilire
regole di uguaglianza anche alle urne. In questo modo sarà assicurato un cambiamento
pacifico del potere a cui non si arriva di certo torcendo le mani o con il linguaggio
delle armi. Solo con la creazione di questo patto sociale, gli attentatori non avranno
modo di portare a compimento i loro complotti e si eviterà ai popoli arabi altra distruzione,
altro sangue ed ulteriori sfollamenti interni ed esterni.