2011-10-28 14:25:32

Berlino: il governo italiano segua gli appelli di Napolitano attuando con risolutezza le misure annunciate


Borse altalenanti stamani dopo l’euforia di ieri grazie all’accordo europeo per far fronte alla crisi del debito sovrano. Oggi il portavoce dell'esecutivo tedesco ha citato il presidente Napolitano invitando il governo italiano ad attuare "con risolutezza" le misure anti-crisi annunciate. Nel Vecchio continente resta teso il dibattito tra i partner dell’eurozona sulle riforme proposte dal governo a Bruxelles. Al centro del piano europeo c’è il fondo salva-Stati, il cui valore è stato portato a mille miliardi di euro. Ma si tratta di soluzioni realmente efficaci contro il rischio di bancarotta? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente di Economia dell’Integrazione europea all’Università Bocconi di Milano:RealAudioMP3

R. – Le soluzioni che sono state messe in campo sono in realtà un palliativo rispetto alla soluzione ideale che sarebbe quella di coinvolgere direttamente la Banca centrale europea nel sostegno sui mercati secondari dei titoli del debito pubblico. Tuttavia la Germania si oppone fermamente a questa soluzione e quindi bisogna trovare modalità alternative e una di queste modalità alternative è quella di creare un fondo che poi possa usare le risorse per garantire una parte del debito che viene emesso dagli Stati e quindi diminuirne la rischiosità.

D. – Un fondo salva-Stati che è andato gradualmente crescendo: ci sono realmente questi soldi?

R. – No, evidentemente no, nel senso che è un po’ come il discorso delle banche. Abbiamo un capitale bancario che è quello che rappresenta la garanzia per i creditori e poi le banche lavorano col cosiddetto effetto “leva”: cioè, sostanzialmente, se io devo garantire il 20 per cento di una cosa, poi posso in qualche modo impegnarmi sul totale del debito ma in realtà dovrò mettere i soldi per l’eventualità di un default del 20 per cento in realtà perché tutto il resto verrebbe finanziato dal mercato.

D. - Secondo lei la difficile situazione economica attuale sta evidenziando una sorta di crisi di idee negli operatori economici, nel senso che non si va oltre misure nel breve termine e non si pensa a misure per un rilancio alla lunga della crescita?

R. – Evidentemente questa è una parte del percorso di uscita dalla crisi, quella che riguarda la stabilità: tappare le falle della barca e quindi evitare di affondare. Dopodiché dobbiamo anche iniziare a mettere mano al timone e iniziare a navigare. Da questo punto di vista il rilancio di misure per la crescita è evidentemente fondamentale.

D. – Avrebbe senso, secondo lei, andare a guardare altrove, per esempio, l’Argentina che dopo la crisi dei bond era in una situazione difficilissima e ora la sua economia è tornata più che florida…

R. – Il primo anno dopo il default, il pil argentino è caduto del 30 per cento. L’Argentina si è tirata fuori dai suoi guai perché mentre ha fatto il default, contemporaneamente il prezzo della sua principale esportazione, i germogli di soia, è quadruplicato e il suo principale mercato di destinazione, il Brasile, ha iniziato a crescere del 10 per cento. Se lei mi dice che il prezzo dei beni che l’Italia esporta quadruplica e che la Germania cresce del 10 per cento, allora io le dico che possiamo fare il default; se lei non mi dà questa ipotesi allora il default italiano costerebbe tantissimo… A parte che il default italiano manderebbe a carte all’aria tutto il resto del mondo perché salterebbero le banche francesi, poi quelle tedesche, poi quelle americane e poi la Cina. (bf)







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